Dio parla nei profeti e in Gesù: nasce la poesia. Pensieri e palpiti elevati, celestiali davvero. Gocce di eterno che splendono come stelle. Infinità che si lascia catturare dalla parola dell'uomo e desta trascendimento e desideri.
Quale più alta poesia di quel "Dio è Amore"?
Ogni parola di Gesù è poesia, perché ogni parola non è solo simbolo del suo pensiero, ma anche simbolo del suo intimo eterno.
Quel "tutto è grazia" di Bernanos si può intendere sì con "tutto è dono", ma anche con "tutto è bellezza" (charis, gratia).
Dio, rivelandosi in Gesù, ci inonda della sua regalità, ci sommerge nella poesia. E noi, credendo davvero, siamo tuffati e nuotiamo nella poesia divina, della quale la Divina Commedia o Il Paradiso Perduto, sono pallidi e validi echi.
Or dunque, quale l'atteggiamento nostro di fronte al sublime di Dio, regalatoci in Gesù?
Il vero, unico linguaggio per parlare sinceramente con Dio che parla liricamente, è solo la lirica, la poesia.
La preghiera non poetica non è efficace, non raggiunge.
I salmi sono grande preghiera poetica, ispirata dall'energia di Dio nell'uomo.
Paolo: "Ciascuno di voi ha un salmo …" (1Cor 14.26). "Parlate tra di voi attraverso salmi, inni, canti spirituali, cantando e salmeggiando con i vostri cuori al Signore" (Ef 5.19). Beati i poeti: hanno le porte aperte verso Dio e verso il prossimo. Essi davvero parlano di Dio e a Dio.
Quanto sono meste le nostre preghiere personali, che non sanno ridere e lodare! Quanto tristi le nostre liturgie ripetitive, nelle quali preti e laici sono più attenti alle sillabe che non all'esplosione del cuore.
Quanto ha penato P. Turoldo per far entrare un po' di poesia nella liturgia! Ha poi dovuto ripiegare e rendere poesia i suoi scritti. Fuori del solito contesto liturgico. Ma la storia si vendica.
GCM, 26.04.03