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Più sorriso

Sarebbe tanto bello se riuscissimo a togliere ogni crudeltà dal raduno della messa!

Questa infatti è un raduno, nel quale, ricordando la persona e l'opera di Gesù, si festeggiano la sua appartenenza a noi e la nostra salvezza in lui.
     La messa è sempre festa attorno a Gesù e nel Gesù Risorto. Perciò sarebbe bello togliere dalla messa certi formulari deprimenti. A cominciare da una interpretazione mortuaria del pane e del vino.

Perché alle formule evangeliche "Questo è il mio corpo" e "Questo è il corpo dato per voi" si è aggiunto "dato in sacrificio per voi"? Dato per voi: è un Gesù vicino. Dato in sacrificio per voi: è un Gesù distante. Ciò che viene donato come ricordo e presenza intramontabile lo si vorrebbe trasformare in sacrificio.
     Affiora spontaneo ricordare: "Dio ha amato gli uomini al punto da regalargli suo Figlio".

Gesù disse: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue". Evidentemente non è cannibalismo, come pretendevano di denunciare i pagani, nel balbettare dell'Eucaristia cristiana, durante il periodo della Chiesa primitiva.
     È partecipazione di tutta la persona umana ("sarks" nel greco e "gufa" in aramaico") di Gesù a noi uomini: ciò è indicato dal "corpo". Inoltre Gesù afferma che lui entra vivo nell'uomo ("pane vivo", ossia "cibo vivente"); perciò aggiunge "sangue", che era - per gli Ebrei del tempo di Gesù - la sede e il motore della vita.

Nella messa, prima di ricevere il dono perenne di Dio, cioè il "corpo vivo" di Gesù, si premette una frase che rattrista, quasi un soffocare la gioia che sgorga dal rimetterci in contatto sublime con Gesù risorto: "Non sono degno che tu entri in me; ma comanda soltanto con la parola" (non è esatto: di' soltanto una parola).
     Viene da chiedere: "Allora lo si riceve questo Gesù che si dona, oppure fino all'ultimo momento lo si tiene a distanza?".

Perché è facile incontrarsi, durante la messa, in numerose frasi penitenziali e tetre? Forse per un rimasuglio di Medio Evo, il tempo della penitenze? Forse per uno strisciante paganesimo, che temeva il fulmine di Giove e il sarcasmo degli dei?

CGM, 10.04.02