Sussidi per la confessione
La confessione sacramentale, presso i cattolici, sta andando alquanto in disuso. Probabilmente per due cause (e non solo per quelle): i cristiani sono diventati molto buoni e non peccano più, e gli addetti alle confessioni si sono fatti pochi e frettolosi (o superimpegnati in altro).
L'assoluzione in gruppo è guardata con molta cautela e perfino con sospetto (= chissà che cosa ci vogliono nascondere questi che evitano l'accusa personale?).
Per aiutare i superstiti della confessione, si trova nei confessionali e nei libri di pietà, uno schema per un breve esame di coscienza. Lì notiamo una svista.
È risaputo infatti che il "peccato", secondo la Sacra Scrittura, è il non credere in Dio, il "costruirsi un Dio a nostra immagine" (idolatria), cioè l'essere teoricamente o praticamente "atei". Solo Gesù "ha rivelato il vero Dio", "l'unico Dio vivo e vero", e si proclamò Figlio di Dio.
La verità cristiana indica come due oggetti principali ed essenziali della fede: Dio unitrino e Gesù uomo-Dio. Chi non è convinto di queste due realtà, in cuor suo e nei fatti rifiuta il "vero" Dio e la via che introduce a Dio, ossia Gesù. Perciò, anche se inconsapevolmente, pecca di "ateismo", cioè del grande basilare peccato, quel peccato che solo l'Agnello di Dio alza e supera.
Orbene, nei sussidi per gli esami di coscienza, di cui sopra, vengono ricordati numerosi comportamenti scorretti e riprovevoli: ira, furto, disobbedienza, adulterio, ecc. ma che si ricordi il peccato più grave, ossia l'ateismo, questo no. Intendiamoci l'ateismo reale, non quello formale, poiché nessuno dice di non credere in Dio.
Mai, o quasi mai, quindi che si trovi una domanda: "Ti fidi davvero di Dio uno e trino? Hai aderito con tutto te stesso a Gesù? hai veramente sentito e vissuto la Trinità come unico Dio e Gesù come unico Salvatore?" Schizofrenia: una cosa basilare dice la dottrina, un'altra sottolinea la pratica morale nella confessione.
GCM 07.12.01
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