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- Un benefattore: Gaetano Rezzara


L’Archivio della Chiesa di San Lorenzo conserva un documento, datato 1839, nel quale viene riportata la seguente annotazione: “Rezzara dr. Gaetano dona un dipinto in tavola di stile antico rappresentante la B[eata] V[ergine] in trono, un vescovo e un altro santo ai lati”. L’annotazione viene ripresa anche da Antonio Sartori nel suo Archivio storico.

Questa tavola, grazie ad una iniziativa della Fondazione Giuseppe Roi, è stata recentemente restaurata e, ricondotta al suo antico splendore, ha consentito una accurata lettura da parte di Chiara Rigon.

E forse per un debito di gratitudine nei confronti del donatore di un’opera, valutata dalla critica un esempio significativo della cultura tardogotica, offerta in un momento in cui il Tempio sorgeva a nuova vita dopo la catastrofe dell’invasione napoleonica, abbiamo voluto conoscere più da vicino il generoso benefattore.

Gaetano Rezzara nasce a Schio il 17 agosto 1767 da Francesco e Felice Bonapace. I suoi genitori muoiono quando è ancora piccolo: di sé, nel testamento, dice testualmente “rimasto orfano e miserabile sino dai primi albori della mia vita”.  La circostanza è sfortunata, ma “nei momenti preziosi della sua educazione” lo soccorre la benevolenza del Sig. Lodovico Scomason del quale si ricorderà con riconoscenza nel testamento, beneficiandone i nipoti. Dopo gli studi primari compiuti a Schio e quelli secondari a Vicenza, frequenta l’Università di Padova e si laurea in medicina e chirurgia. Nel 1799 si trasferisce a Vicenza dove vive fino alla morte avvenuta l’8 settembre 1848. Abiterà in una casa piuttosto modesta in Piazzetta San Giuseppe al civico 1931.

Esercita la professione di medico chirurgo con un certo successo e viene anche premiato (4 ottobre 1829) dall’Istituto di Venezia per aver inventato “un apparecchio per la frattura della gamba senza veruna fasciatura” che, a detta del Mantese, si richiama alla “Macchina per la frattura delle gambe” di don Alberto Pieropan .
Si distinse particolarmente “nel levare la pietra”, cioè nella cura delle calcolosi.
Fu persona molto disponibile e generosa: ne fa fede il suo testamento dove con particolare sensibilità mostra di ricordarsi non solo dei nipoti, in particolare di Gaetano figlio del fratello Antonio, ma anche di tutte le persone alle quali era legato da riconoscenza o da amicizia. Un piccolo lascito è anche per il suo parrucchiere; provvede inoltre con sollecitudine alle sue due domestiche. “Alla mia domestica Lucia Zana lascio 18 zecchini oro per una volta tanto la quale voglio che ai soliti patti sia mantenuta sua vita durante, e soccorsa in ogni emergenza, ancorché si rendesse impotente. Se poi non volesse convivere col mio erede, in questo caso lascio alla stessa un buon letto, e trenta lire aus.e da pagarsi anticipatamente e mensilmente sua vita durante dal mio erede.
Ad altra domestica Anna Capovilla lascio per una volta tanto diciotto zecchini 18 la quale resta affidata e raccomandata alla probità conosciuta del mio erede, perché non sia mai abbandonata, ma soccorsa nei suoi futuri bisogni, a norma delle circostanze”.
La sua personalità appare delineata nel documento con il quale una quarantina  di amici tesse l’elogio delle sue “belle virtù” e rivolge istanza alla Congregazione municipale di Vicenza affinché la sua salma sia accolta nel Famedio.
Nel documento si legge, tra l’altro: “L’immenso amore, che pose nella sua arte, le felici, e numerose operazioni tentate con vari processi nell’estrazion della pietra, l’invenzione di parecchi stromenti a governo delle fratture, lodati da tutti i periti, ed alcuno premiato dall’Istituto Veneto, fecero, che il nome di Rezzara passasse onorato fra i primi chirurghi operatori della feconda Italia. Sessant’anni di prestazioni date alla patria con luminoso vantaggio de Cittadini, il benedetto conforto recato alla classe povera, e forse più bisognosa della sua mano, la cortesia, la umanità, e quante virtù adornano un cuore nobile, e sensitivo, mostrarono che il Rezzara fu un dono del cielo, di che poche Città possono al certo vantarsene un maggiore”.
L’istanza, naturalmente, fu accolta.
La fama raggiunta superò il suo secolo e fece sì che il Comune di Vicenza gli intitolasse una strada, con delibera del 30 agosto 1961.

Un ritratto del Rezzara eseguito nel 1808 dall’incisore bassanese Gaetano Zancon pervenne nel 1887 al Comune di Vicenza che lo fece a sua volta pervenire  alla Civica Pinacoteca (10 bis). Di tale ritratto non è stata trovata traccia.

Nei “Memorabili” Giovanni da Schio parla di lui ricordandone l’esercizio della professione medica, ma anche la passione per le opere d’arte che collezionava e conservava nella sua casa. “Raccolse quadri nella sua piccola casa presso alli Bressan, fu Piovene, dirimpetto al porton del Luzzo”.

Ed è il Rezzara collezionista e mecenate che ci interessa soprattutto, perché  ci riporta al dono della tavola quattrocentesca, fatto nel 1839, alla Chiesa di San Lorenzo.

Dal testamento olografo stilato il 12 maggio 1846 (e pubblicato l’11 settembre 1848 dopo la sua morte) abbiamo notizia di alcuni lasciti interessanti.
Pregevole è, per esempio,  un quadro in tavola di Jacopo Palma rappresentante la Beata Vergine, il Bambino Gesù, San Gio. Batta e Santa Caterina dalla ruota lasciato “alla Chiesa cattedrale in San Pietro che rinserra le ceneri degli amati miei genitori nella Città di Schio, suolo a me caro e natio”.

Al Comune di Vicenza lascia soltanto un’opera, esprimendosi così: “Ringrazio con tutta la forza del termine, e col più vivo sentimento del cuore i miei egregi Concittadini, i quali mi hanno costantemente onorato della loro cortese benevolenza, e volendo in qualche modo esserne un contrassegno della dovuta mia gratitudine verso la benefica generosa, e sempre diletta mia Patria, prego la Comune di Vicenza di ricevere e collocare nella Pinacoteca un quadro in tela, rappresentante il ritratto del celebre poeta Giorgio Trissino, affinché la raccolta patria possieda una memoria di cotanto illustre patrio Soggetto, essendo anche assicurato da intelligenti periti che quel dipinto è lavoro di insigne pennello”.  Il dipinto, che il Rezzara considerava del Giorgione, sarebbe una copia del XVIII secolo da Vincenzo Catena. Ora si trova nell’ingresso del Teatro Olimpico: scelta dovuta al fatto che l’umanista Gian Giorgio Trissino era autore di teatro.

Erede universale, quindi anche della sua ricca collezione di dipinti, il Rezzara, che non era sposato e non aveva figli, istituisce l’amico Luigi Rebustello, avvocato, anche lui appassionato d’arte.

Ma la aspirazione del Rezzara è che la sua collezione, con tanta passione messa insieme, divenga proprietà del Comune, dimostrandosi in questo uomo del suo tempo.
Ricordiamo infatti che il Museo civico di Vicenza, che nel 1855 si trasferirà nella prestigiosa sede di Palazzo Chiericati, si costituisce e si amplia grazie a doni o legati, alcuni particolarmente cospicui, da parte di privati cittadini, nobili, ricchi borghesi, professionisti, appassionati collezionisti che, spinti da un forte senso civico, diventavano generosi benefattori e mecenati. Donare le proprie collezioni o parte di esse, era un fenomeno abbastanza diffuso.

In una lettera indirizzata all’amico Rebustello, non datata, ma evidentemente posteriore al 12 maggio 46 - giorno in cui Rezzara stila il testamento - egli invita l’amico istituito erede universale a vendere le opere, per metà del loro valore, alla Pinacoteca. Così si esprime: “Ho disposto di un sol quadro a favore della nostra Comune, perché essendo così tenue il mio stato non ho potuto fare cose maggiori senza pregiudizio dell’eredità. Da intelligenti periti, per mia norma, ho fatto istituire una perizia dei miei quadri sulle norme mercantili, e su i prezzi di tutta moderazione, che io ritengo esatta e giusta; essendo questa la mia intenzione, e la mia volontà. Se non ami di conservare detti quadri, quel beneficio che potesse avere un acquirente straniero, bramerei che lo avesse la nostra Comune. E perché lo abbia di fatto un benefizio, ti prego di offrire alla medesima venti dei migliori quadri per la metà di quel prezzo che è indicato dalla predetta perizia. […] Un affetto di Patria mi interessa di procurare che questi miei quadri vadano in possesso della nostra Pinacoteca, mancante della maggior parte di questi autori preziosi, i quali possono assai bene convenire alla medesima. Sicché resta caldamente animata l’opera tua, perché abbia il suo effetto questa mia brama, la quale io spero sarà accolta con quella nobiltà che è propria dei nostri Cittadini; affinché sia secondato il medesimo scopo. Abbi a cuore le mie raccomandazioni. Addio.”
Nella lettera i 20 migliori quadri cui fa riferimento sono elencato dallo stesso Rezzara che allega anche la perizia, fatta, a suo dire, da persone competenti. La perizia elenca 27 dipinti e il corrispondente valore in napoleoni d’oro.

Il Rebustello avvia trattative con il Comune, già a partire dal 19 settembre 1948, ma queste non approdano a risultati concreti. Si concludono con un niente di fatto il 27 dicembre.

D’altra parte in quei momenti il Comune aveva ben altro cui pensare: nonostante l’eroica resistenza culminata il 10 giugno, Vicenza aveva subito una umiliante sconfitta da parte del Radetsky e l’intera città era stata distrutta dai bombardamenti. Si può capire quanto scrive il Podestà Costantini: “… D’altronde le notorie circostanze presenti sono tali, che la proposta d’impiegare un capitale in oggetti d’arte non potrebbe essere favorevolmente accolta”.

Francesco Formenton, nelle sue “Memorie” del 1867, constatando che le opere non sono ancora pervenute alla Pinacoteca civica, dice: “Speriamo che si riannodino le trattative e che il Civico Museo non venga defraudato di questi dipinti pregevoli “.

Se il Rebustello, date le contingenze,  non riesce a vendere a buon prezzo alla Pinacoteca le opere ereditate dal suo “grande benefattore”, queste comunque vi perverranno per eredità da parte dello stesso Rebustello con testamento stilato il 9 giugno 1881 e pubblicato il 27 marzo 1887 dopo la sua morte, avvenuta il 24 marzo. Il  Rebustello non aveva eredi diretti, ma, soprattutto, desiderava che fossero rispettate le volontà dell’amico.

Presso il Museo Civico è conservato il legato, che elenca 29 “quadri di pregio”.
Alla data 22 aprile 1887  “si partecipa che il Comune <è> venuto in proprietà d’una collezione di quadri, de’ quali unisce l’elenco, per disposizione testamentaria del generoso dott. Luigi Rebustello, li manda pertanto al Museo al fine siano custoditi in una stanza riservata, riservandosi a tempo opportuno di stabilire per migliore collocamento e destino da darsi ai quadri”.

E’ un lascito piuttosto discusso, che ha dato molto da fare alla critica. Secondo G. Villa l’insieme è  “un coacervo di pezzi di altalenante qualità”; certo si tratta di una collezione che lascia molte perplessità quanto alle attribuzioni. Compaiono nel legato nomi altisonanti come Giorgione, Tiziano, Perugino, Carpaccio, Mantegna, Tiepolo, ecc., ma gli studi più recenti hanno molto ridimensionato il valore complessivo della collezione, parlando spesso di copie piuttosto che di originali o “declassandone” gli autori.  Si deduce che il Rezzara, che pure si affidava ad esperti,  fosse sì un appassionato collezionista, ma non proprio un intenditore.

Il Catalogo della Pinacoteca  che nei due volumi pubblicati (2003) considera le opere dei secoli XIV-XVIII, della collezione Rezzara recensisce 13 dipinti .

Una tela del lascito Rebustello è stato affidata dal Museo ai Frati di san Lorenzo che la conservano nel loro refettorio. Si tratta della Samaritana

  al pozzo, creduto dal Rezzara di Domenico Riccio detto  Brusasorzi e attribuito invece dalla critica più recente a pittore della maniera del Veronese.








Tra i dipinti più importanti del lascito Rebustello ricordiamo un’opera, una tavola,  molto significativa per la città di Vicenza e di sicura attribuzione:  la famosa predella “S. Francesco d’Assisi riceve le stimmate tra i Santi Chiara e Pietro, il Beato Bartolomeo da Breganze (?) e i Santi Paolo e  Bernardino” di Marcello Fogolino (Vicenza? 1483/88–1550/58), nota soprattutto per la veduta di Vicenza sullo sfondo.

 

Vi sono raffigurati Monte Berico con la prima chiesa, resti del teatro romano di Berga,
la Basilica di San Felice, S. Giorgio in Gogna (?), le mura e il torrione di Porta Castello, il fiume Retrone, la Basilica Palladiana prima del Palladio, la torre Bissara, il ponte Furo, il tutto nella cerchia delle Prealpi vicentine.

   
 La chiesa di M.te Berico
 La Basilica Palladiana

Oltre ai santi in primo piano sono ritratte figurine di uomini, donne e cavalieri. Particolarmente interessanti i fiori che punteggiano la campagna.

 
 

Questa predella originariamente si trovava nella Chiesa scomparsa di San Francesco Nuovo delle Francescane dell’Osservanza e fu acquistata dai nobili Bevilacqua Lazise dal Rezzara  che la definisce “un quadro patrio, un ornamento per la città di Vicenza, bello e ben conservato” (28). La pala di questa predella, sempre del Fogolino, si trova al Museo di Berlino.

È un’opera che il Rezzara aveva tra le sue più preziose e che ci fa vedere l’amore che egli nutriva per Vicenza, quell’amore che lo ha portato a donare la sua collezione per arricchire la Pinacoteca e la città tutta. Uno spirito di mecenate il suo,  rivelatosi anche al momento della donazione alla chiesa di san Lorenzo della tavola recentemente restaurata. Grazie a lui San Lorenzo può fregiarsi di un quadro di pregevole fattura, un quadro ora relegato nel buio della sacrestia, ma che è auspicabile trovi una diversa collocazione perché possa essere ammirato con agio da coloro che visitano la chiesa. Un posto dove collocarlo è già stato individuato. Basta volere.