- Tavola del XV secolo: il restauro

  La tavola raffigurante la Madonna in trono con in braccio Gesù benedicente e, ai lati, due santi, uno dei quali porta insegne vescovili, mentre l'altro presenta un fedele inginocchiato, è conservata nella sacrestia del Tempio di S. Lorenzo.
Grazie ad un intervento della Fondazione Roi è stata restaurata e riportata all'originario splendore.
Riportiamo alcuni interventi in occasione della prima esposizione al pubblico dopo il restauro
(20 aprile 2013)


Intervento di Giuseppe Celso Mattellini, ofmconv

Pace e Bene.
Mi è gradito presentare il benvenuto a ogni persona presente, in nome della Comunità dei Francescani Conventuali di S. Lorenzo.
In particolare un saluto all’assessore Pecori, qui in rappresentanza del Sindaco di Vicenza; a Mons. Francesco Gasparini, delegato a rappresentare il Vescovo di Vicenza; al Dr. Silverio Urciuoli, Soprintendente per i beni storici, srtistici ed etnoantropologici per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza; al Generale Daniele Zovi, Comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato.
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Prima di esprimere a tutti il ringraziamento, devo anche comunicare che il P. Guido Bisognin, Rettore di questo Tempio, è assente perché costretto da impegmi interni al nostro Ordine, essendo stato eletto in un’assemblea per concorrere a ridefinire i confini nuovi della nostra Provincia religiosa, che da qualche giorno si estende unendo tutte le regioni del nord Italia e l’Emilia, e per compiere l’elezione delle nuove principali cariche istituzionali.
Siccome la sua presenza in Vicenza, in questo periodo, è saltuaria, a sostituirlo ha pregato me.

Inizio, ovviamente, con il ringraziamento ai membri della Fondazione Roi, particolarmente al suo presidente, il Cavaliere del lavoro, Dott. Gianni Zonin, per aver individuato nella tavola del ‘400 un oggetto prezioso, sebbene non molto conosciuto.
Inoltre un ringraziamento alla Soprintendenza per il valido contributo tecnico al restauro dell’opera.
È tradizione dei Francescani di S. Lorenzo il muoversi dentro il binomio “Beneficenza Riconoscenza”.
Già dal 1200 essi furono grati alle amministrazioni pubbliche  e ai privati per i loro contributi, oltre che per l’erezione di questo Tempio, anche per i suoi continui abbellimenti, aumentati fino a che esso cade vittima della devastante barbarie napoleonica unita a certe frange della municipalità locale del 1797, che deturpò e sconnesse tempio e convento. Poi, dopo la devastazione, il 1800 nuovamente amministrazione civica e privati ripresero la lenta ricostruzione e il riabellimento del Tempio.
La munificenza continuò e s’accrebbe dopo il ritorno dei Francescani Conventuali nel 1927. Durante la mia permanenza in questo convento, ho notato le donazioni di enti: l’amministrazione civica, proprietaria dello stabile, la Banca Popolare di Vicenza, la Fondazione Cassa di Risparmio soprattutto per l’ultimo restauro del Tempio, la Banca Friuladria per il recente pregiato volume di Luca Trevisan sul Tempio di S. Lorenzo.
E i privati? Un esercito.
Nel compitare il mio librino sulla recente storia di S. Lorenzo, seguendo la scorta dei Verbali dei Capitoli Conventuali e delle varie cronache, e già pubblicato, ho trovato spesso che i Superiori dei frati nell’indicare la certezza che certi lavori, anche costosi, si sarebbero potuti attuare, accennavano misteriosamente e donatori silenziosi, di cui non si facevano i nomi. Poi scopro che il nome dei principali donatori occulti erano nascosti nella lista delle persone, alle quali il P. Benedetto Peroni, con accorta gentilezza, inviava il cero nella ricorrenza del 2 Febbraio. E finalmente i più magnifici li scopro recensiti chiaramente in una lapide gratulatoria murata nel chiostro.
In essa sono ricordate, come si poteva vedere, due generazioni dei Marchesi Roi.
Oggi i due filoni, Enti e privati, di benefattori sembra si affianchino, proprio grazie alla “Fondazione Roi”, ente e privato uniti. Però la fondazione non unisce soltanto i due filoni, ma continua la storia dei donatori, presenti già dal 1800 e nel 1900. E così anche nella lapide gratulatoria, alle due generazioni precedenti si aggiunge una terza generazione dei Marchesi Roi: Giuseppe, detto Boso.

Nel 1838, il Tempio era destinato all’ufficiatura nel settore religioso dalla confraternita dei “Rossi”, e curato nel pesante riadattamento della struttura e dell’ornato da una fabbriceria, indirizzata dall’Architetto Bartolomeo Malacarne.
Scorrendo i documenti d’archivio della Confreternita dei Rossi, trovo, nei documenti del 1838, riprodotte molte sollecitazioni a enti pubblici, a chiese e a persone private affinché restituiscano a S. Lorenzo le opere artistiche esiliate (cosa che non avverrà purtroppo) e donino contributi per le urgenti opere da compiere. Troviamo, perfino scritte a stampa, le ricevute da consegnare agli offerenti.
Nel 1839, probabilmente in risposta a tali sollecitazioni, il Dr. Gaetano Rezzara dona la tavola ora in considerazione.
Il Dr. Rezzara è noto nella storia della medicina data la sua metodica innovatrice per guarire le fratture agli arti inferiori e per la cura delle calcolosi. Ma noi qui lo ricordiamo come collezionista di opere d’arte. La sua ricca collezione, fu rifiutata dalla pubblica amministrazione, nonostante le fosse offerta, però a certe condizioni. Una delle opere della sua collezione arrivò dunque a S. Lorenzo.

La tavola rappresenta la Madonna con il Bambino, affiancata da due santi e da un devoto, forse il committente, riprodotto in proporzioni diminuite.
Tra il bambino e il committente è intrecciata una specie di intesa, e la Madonna, seduta in maestà accompagna la tensione del bambino. I santi sono un Vescovo  e un Apostolo. Sulla presenza del santo a destra della Madonna, l’Arslan nota  che è un vescovo con pastorale e libro, il Sartori lo identifica con S. Ambrogio. Io propendo per l’ipotesi di Sartori, non solo perché il Sartori è un mio confratello e fu mio maestro di metodologia della ricerca, ma anche perché un S. Ambrogio quasi uguale lo ritrovo con il medesimo simbolo del pastorale nel refettorio dello Speco di Subiaco, in un dipinto del ‘400. Dei tre simboli iconografici attribuiti a S. Ambrogio (pastorale di Vescovo, libro di Dottore, frusta di combattente contro gli Ariani), il pastorale si ripete sempre ed è munito di quel canestrino verso la curvatura dell’apice, che richiama la cattedra vescovile (ho visto che in alcuni pastorali, soprattutto francesi, i canestrini sono tre, quasi a indicare i tre poteri del vescovo: parola, sacramenti, comando); degli altri due simboli troviamo o il libro (il santo è Dottore della Chiesa occidentale), o la frusta.
L’attribuzione del nome al santo di sinistra alla Madonna nell’effigie, tra i due autori citati, pur concordando sul fatto che siano due apostoli, è diversa: S. Filippo per il Sartori, S. Andrea (però con un dubbio) per l’Arslan. Forse quella crocetta in mano del santo può propendere per S. Filippo. Infatti S. Andrea solitamente è ricordato con la croce decussata, mentre S. Filippo è effigiato con una croce eretta, talvolta di enormi dimensioni. Credo però che, se si riuscirà nell’impossibile impresa di conoscere il committente, allora il nome del santo sarebbe chiaro, perché il committente porta lo stesso nome del santo che lo protegge e lo presenta a Maria e a Gesù.
Ora sul pregio artistico sia del quadro che del restauro, passo volentieri all’ascolto degli esperti.
A me urge ancora una volta esprimere il ringraziamento della comunità di S. Lorenzo.