HOME

Home > CENNI STORICI > APPROFONDIMENTI RECENTI > - S. Lorenzo: chiesa dinamica

- S. Lorenzo: chiesa dinamica


Il Tempio di S. Lorenzo offre numerose opportunità alla ricerca e alla riflessione. La ricerca sull’arte e sulla storia di S. Lorenzo continua ad arricchirsi di contributi. Tra gli ultimi in questo settore, si ricordano i libri di Sebastiano Rumor e di Antonio Sartori, l’imponente opera dell’Archivio Sartori, articoli in riviste e nei giornali, e ricerche di giovani laureati, e finalmente l’opera di Luca Trevisan stampata grazie al concorso della banca Friuladria, opera che completa e riassume quanto è stato pubblicato fino al 2011, e che si presenta come il necessario varco per ogni ulteriore ricerca.

Mi piace, come ricercatore, penetrare nella storia, corridoio ineludibile verso il presente. Eppure queste mie note riguardano il presente sotto un’altra prospettiva, che invita a considerare lo stesso edificio. Prospettiva questa, che talvolta sfugge agli stessi cultori dell’arte e della storia. La prospettiva dinamica.

Essa si interessa di ciò che il Tempio oggi emana e che investe chi vi entra libero da intenzioni preconcette di preghiera o di curiosità turistica. È la posizione di chi entra nel Tempio, si lascia avvolgere dalla sua atmosfera, e se ne fa trascinare.
L’influsso del tempio sulla persona, che vi entra semplicemente: il suo fascino segreto.
Si può cogliere la molteplicità delle suggestioni offerte dal Tempio sotto tre aspetti: dinamico, mistico, storico.

1°- ASPETTO DINAMICO
Molto spesso odo pronunciare da persone che entrano in Chiesa, soprattutto da quelle non italiane: “Che bello!”. Esse sono state avvinte da una forza che promana non dalla staticità dell’edificio, ma dall’atmosfera, che l’edificio crea.
Se, entrando nel tempio, una persona si ferma vicino alla porta principale, e resta con la schiena rivolta alla bussola, in posizione centrale, sente che l’avvolge una dinamica, che non agisce in altre chiese della città. Infatti spesso entrando in una chiesa spaziosa ci si sente smarriti, e si cerca un punto di sintesi per orientarsi. Il punto di sintesi di una Chiesa è il tabernacolo, eppure questo spesso si trova in una cappella laterale. Entrando invece in S. Lorenzo, ci si sente subito “a casa”, non dispersi, ma accompagnati. Il centro mistico attira. Quel centro, Gesù, per presentare il quale una Chiesa è costruita.
Infatti lo spazio sormontato da un soffitto cordonato e spinto verso l’alto dal movimento ogivale, solleva lo sguardo e il sentimento: l’altezza cattura e immerge. È la dinamica, che, sollevando, eleva.
Poi ci si abbandona all’invito dei filari dei pilastri. Essi, allo sguardo, avanzano e si rastremano, conducendo lo sguardo verso il centro mistico: l’altare con Gesù presente, sormontato da un grande crocifisso, che campeggia nel vuoto e si staglia grazie alla luce che gli fa da sfondo. La dinamicità della struttura porta alla fonte dinamica della Chiesa.
Eppure proprio quel centro mistico ha creato anche la dinamica architettonica del Tempio.
L’interno raccolto, non dispersivo, ricorda di essere “casa” di Dio. Già la facciata, che si copre a capanna, richiama il senso dell’abitazione. L’interno armonicamente spazioso eppure raccolto ricorda il senso dell’abitazione. La stessa pianta snella della Chiesa è pure immediatamente simbolo di semplice raccoglimento, che odia qualsiasi espansione e dispersione, e che pure cattura luce enorme.
La luce diffusa avvolgente non distrae, perché la nave centrale, che ne è inondata, si trasforma in una corsia luminosa verso il sacramento dell’altare. Una corsia lucente per favorire la contemplazione.
L’architettura di chiese costruite in tempi anteriori alla Chiesa di S. Lorenzo, e ancora presenti in Vicenza, erano adatte piuttosto a favorire la penombra per un penitente raccoglimento: il raccoglimento mistico e misterioso del monachesimo. L’architettura di S. Lorenzo pregna di luce sospinge all’elevazione di una contemplazione gioiosa. È significativo il fatto che nel pregare Maria, i francescani preferiscano soffermarsi sulle “allegrezze” della Vergine, a differenza di altre spiritualità, che preferiscono riandare ai dolori di Maria.
Luce quindi. Ricordiamo Dante, il cui Paradiso è luce e canto. Ricordiamo il francescano Bonaventura, che della luce fa la costante presenza nella dinamica del mondo, quasi presagente la teoria dell’energia cosmica costante nella realtà fisica e oltre la fisica.
Questo itinerario luminoso è ancor più evidenziato, se rammentiamo che il Tempio di S. Lorenzo si trova orientato, probabilmente non intenzionalmente eppure di fatto, verso nord, verso quel buio del settentrione, evitato dai salmi e da una diffusa spiritualità antica. Infatti le chiese dovevano essere orientate verso est. L’oriente generatore del mattino. La festa di luce sembra, guardando a nord, attuare quel “la luce ha sconfitto le tenebre” di timbro giovanneo.
Nella luminosità della navata e, soprattutto, in quella dell’abside appunto rivolto a settentrione, spicca il grande crocifisso, che, proprio perché spoglio e aperto, troneggia e si presenta solo e assorbente tutta la luce del presbiterio.
Ricordo che, negli anni sessanta del secolo scorso, io mi dedicai a togliere quegli ingombranti tendaggi e padiglioni, che drappeggiavano e soffocavano l’altare, e feci trasportare definitivamente la permanenza dell’Eucarestia nel tabernacolo dell’altare maggiore, rimovendola dalla cappella di destra, che ritornò, come anche documenta una lapide, a essere la cappella dedicata inizialmente a S. Francesco. Allora anche durante il giorno, senza luci artificiali, tutto quindi portava lo sguardo verso l’altare e verso il Crocifisso.
Tuttavia un’orientazione verso est, quasi a non dimenticare del tutto altri tempi, rimane anche nel nostro Tempio, dentro il transetto, che porta a immergersi nel più bell’altare di Vicenza, l’altare polisemantico dei Pojana.
Le navate laterali, che donano respiro alla navata centrale, non assorbono movimenti autonomi, tali da disturbare l’andare della navata centrale. Non distraggono dalla dinamica primaria, anche perché lasciano un po’ meno illuminati quadri e altare. Esse sopportano la parte devozionale, le tombe e le aggiunte, ora diminuite, ma cresciute nel lungo corso di vita di questa Chiesa. Si nota subito la loro secondarietà, tanto che è necessario “visitarle” per coglierne la presenza e il valore relativi.
La dinamica insita nell’architettura ha anche ispirato la ricerca sulla geometria sacra. Tema che non è mio compito affrontare.
A questo proposito nasce una domanda: Perché altre chiese a triplice navata, non presentano la stessa dinamica del Tempio di S. Lorenzo?
La risposta è offerta dalle proporzioni. La Chiesa di S. Lorenzo è snella: la lunghezza è slanciata e la larghezza è contenuta. Altre Chiesa a tre navi, sono troppo “corte”, e non permettono di spingere lo sguardo in avanti, ma inglobano tutto in un solo contenitore alquanto dilatato. Gli spazi di S. Lorenzo, posseggono una proporzione magnifica sia in altezza, sia in lunghezza, sia in larghezza, e creano un dinamica, che, soavemente fanno respirare, mentre conducono al centro mistico. Proporzioni gentili, inviti soavi.

2°- ASPETTO MISTICO
La dinamica dell’architettura risospinge verso il senso della sacralità del Tempio. Però tale sacralità potrebbe rimanere imprecisa e vaga, se non si cogliesse il valore mistico di cui è intrisa l’architettura e che deve essere decifrato nitidamente. Per non lasciarci cadere nell’indistinto di una certa religiosità è necessario ricavare dalle pietre quell’anima profonda che specifica il suo autentico senso inteso da Dio e dagli edificatori.
Osserviamo: una Chiesa sconsacrata si riduce a monumento (il che dispiace perfino a certuni amici dei monumenti, dotati di sensibilità completa nell’accostarsi a un ex-edificio sacro), o a museo, a garage, perfino a fienile o peggio. Esattamente come toccò al Tempio di S. Lorenzo, dopo la barbarie napoleonica, e poi anche con la cecità austriaca e italiana (per una periodo fortunatamente durato circa un quarantennio). È comodo e blasfemo per ogni governo, cacciare la preghiera da una Chiesa per inserirvi la soldataglia, certamente non avvezza a recitar rosari.
La dinamica mistica del Tempio si articola secondo una duplice direzione: preghiera e azioni santificatrici. Movimento saliente dall’uomo, santità discendente da Dio. Corpo della Chiesa, presbiterio rivolto al popolo. Questa Chiesa francescana non sopporta l’iconostasi, barriera di confine che impedisce il congiungersi del duplice movimento, e incapsula in un mistero celato (troppo mistero e troppo celato, dimentico dell’apertura incarnativa del cielo verso la terra) la dinamica santificatrice quasi dimentica della comunione. Anche quando nel Tempio di S. Lorenzo si era voluto separare la preghiera dei religiosi da quella della gente, il coro dei frati, distrutto dal benefattore Napoleone, non rifuggiva all’armonia di tutto il complesso.
La sorgente mistica è Gesù presente.
Talvolta ascolto le guide turistiche, tutte tese a ricordare quadri, statue, pittori e scultori, corredati di date e di biografie. Mai indicano ai visitatori, oltre la data in cui fu costruito il Tempio, anche il motivo principale della sua erezione: conservare memorie della santità e attuare la realtà di Gesù Risorto. Sembra si fermino al vestiti e ai festoni, ma non una parola sul corpo e sull’essenza di una Chiesa. Forse le stesse guide turistiche li ignorano.
Ci si sente dolere dentro, quando si vedono gruppi di turisti – spesso guidati da guide che si professano cattoliche – i quali circolano nel luogo santificante costantemente grazie all’Eucarestia presente, guardando e forse ammirando quadri e sculture, senza ammirare la smisurata realtà dell’Eucarestia.
La dinamica mistica, è evidentemente opera agita da Dio, che si allea all’edificio a Lui dedicato e lo specifica con la sua presenza a con il suo “nome”. Anche agli operatori presenti nel Tempio Egli si allea, perché essi sono addetti a esprimersi nel manifestare il suo amore e il suo perdono. Eucarestia e riconciliazione. dinamiche invasive nel Tempio di S. Lorenzo.
Queste dinamiche si sposano esattamente all’accoglienza espressa dalle strutture. Alla presenza dell’addobbo (altare e confessionali). Alla collocazione dell’Altare principale. Alla presenza dei religiosi.
I religiosi non sono un di più, forse tarlato dalla vecchiaia o dall’ignoranza. Non sono parte dell’addobbo. Non sono un di più, ma necessari, per la loro francescanità, che sola può far risaltare quell’antica anima francescana, produttrice anche del manufatto glorioso. Abbiamo visto come le chiese francescane o deturpate o passate ad altra conduzione (vedi S. Fermo di Verona) sfiatano la loro anima per lasciare orfano un corpo.
I frati sono espressione della dinamica santificatrice. Essi, talvolta, riescono a far sprizzare fuori la spiritualità del Tempio e a mostrarla ai presenti. Sono animati dal sacramento, che attraverso di loro diventa “comunione” e “preghiera”. Quasi mediatori della duplice dinamica che permea lo stesso Tempio.
Fanno sprizzare dal tempio, con le parole e con la vita, l’intima vitalità insita. Questa, intravvista e percepita, attraverso di loro,  si tematizza ed è donata per esplicitare la nascosta dinamica sacrale, a comporre la sua faccia: presenza di Dio che santifica e che salva.
I frati svolgono nel Tempio una funzione quasi analoga a quella di Michelangelo, il quale diceva che nel blocco di marmo davanti a lui c’era già la statua, e che toccava a lui farla uscire.

3°- ASPETTO STORICO
Della storia del Tempio, nel suo farsi nei secoli, nella sua disfatta, e nella sua ripresa, molto se ne è parlato e scritto. Forse non tutto.
Però un’altra storia, più profonda, che ha lasciato anche impronte visive si è snodata.
Gli altari, le cappelle, i muri, i dipinti sono anche, e principalmente, segni della pietà verso Dio e dell’affetto verso i francescani.
Altro è guardare un quadro e soffermarci per dire: “Qui ha dipinto quel grande artista”, e altro è dire: “Qui hanno pregato generazioni di persone e di frati, e qui sto pregando anch’io, ultimo anello di una catena secolare”. “Qui prima di me, migliaia di persone si sono riconciliate con Dio e con se stesse, e qui ora mi riconcilio anch’io”.
“Processioni e tridui e incensi hanno permeato quest’atmosfera, che io adesso sto respirando”. Quanti morti hanno voluto riposare sotto questo pavimento, che io calpesto”.
Il Tempio ha udito milioni di voci pregare, cantare, salmodiare. Purtroppo ha udito anche voci blasfeme, durante la sconsacrazione giacobina. Ha udito l’elevarsi di concerti. Le pietre mantengono una memoria percettiva, che ne impregna l’aria e le pareti.
Non occorre scimmiottare le spoglie di un qualsiasi Spoon River, per accorgersi della costante presenza degli spiriti degli antichi per sognare la loro benefica e cara presenza nella Chiesa. La stessa Chiesa di Cristo  è memoria del Risorto, e vive grazie proprio per questa memoria. E ogni edificio ecclesiale emana energie umane, riempite di simboli e di realtà divine.
Entrare in una Chiesa è sempre unirci a coloro che in quella stessa Chiesa si riunirono. Il passato si assorbe nel presente e il tutto è teso verso l’infinito dell’eterno.
La dinamica storica, che il tempio trasuda, mi abbraccia con le braccia di tutti coloro, che sono passati di qui. Improvvisamente non mi sento solo, perché circondato dalle presenze che il tempio ricorda. Presenze di persone risorte prima di me, e nel cui novero io mi ritroverò, forse essendo salutato proprio qui, per l’ultima volta, con l’arrivederci di coloro che attendono la risurrezione.
Tempio: dinamica di risurrezione in Gesù.
Dalla dinamica dei secoli, alla dinamica dell’eterno. Dalla storia dell’oggi verso l’infinito.
Questo tempio di S. Lorenzo!
Vicenza, 27 Ottobre 2011