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- L’altare maggiore


Nel 1938 fu rinnovato l’altare maggiore della chiesa di S. Lorenzo. Seguiremo le fasi di questa novità per il Tempio.

La prima notizia scritta, in nostro possesso presentemente, sul detto altare risale al 1333 quando la famiglia Porti fece eseguire il polittico, bellissimo da porre come pala, polittico, come si sa, ora conservato nel civico museo di Vicenza.

Circa un secolo dopo (1422) la famiglia Proti fece restaurare e rinnovare lo stesso altare.

Nel 1534 la Cappella dell’altare maggiore ritornò alla famiglia Porto, che nel secolo successivo (1651) collocò sull’altare il ricchissimo tabernacolo, che venne a sua volta tolto per far spazio alle possenti statua della Madonna, di S. Francesco e di S. Lorenzo, presentemente collocate nel chiostro attiguo alla chiesa. La spogliazione della chiesa dalle sue bellezze, tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800, desertificò il tempio di S. Lorenzo.

In una litografia del ‘800 di Pividori, che rappresenta una messa celebrata all’altare di S. Luigi, si scorge in lontananza l’altare maggiore con una costruzione, che lo sormonta in maniera imponente.
Per una descrizione esauriente della storia della Cappella dell’Assunta, ossia della Cappella maggiore, e del suo altare, si può ricorrere alla puntualissima opera, ancora purtroppo inedita, del Dr. Luca Trevisan “La chiesa di S. Lorenzo in Vicenza”, che però ha soltanto un accenno all’altare del 1938.

Per queste note io mi attengo solamente alle notizie presenti nell’archivio del convento di S. Lorenzo, conscio che per una descrizione completa del tema, bisognerebbe conoscere i documenti, conservati sia nell’archivio del Comune di Vicenza, sia in quello della Sovraintendenza alle Belle Arti di Venezia, sia in quello della Provincia Patavina dei frati Minori Conventuali in Padova.

Al rientro dei Francescani Conventuali in S. Lorenzo nel 1927, l’altare era piano. Infatti nella lettera scritta dal P. Provinciale, Vittore Chialina, con la quale si dava il permesso non entusiasta di acquistare il nuovo altare, veniva specificato: “Francamente il nostro occhio abituato e vedere l’altare maggiore dei Frari semplicissimo senza nessuna sovrastruttura, non ci dispiaceva l’altare di S. Lorenzo con suo bel Crocifisso (sic) in mezzo spoglio di altri ornamenti. Però, data l’autorità della Sopraintendenza e data la fattura di quel Tabernacolo, che viene anche con una spesa relativamente esigua, questi Padri hanno approvato il progetto e autorizzato a procedere al lavoro che speriamo riuscirà di gradimento agli intenditori e di reale ornamento alla bellissima chiesa” (lettera del 1° Giugno 1938).

Sottolineiamo che anche nella surriferita lettera il P. Chialina ricorda il “Tempio tanto caro ai Vicentini e tanto caro a me che mi sono adoperato, superando non lievi difficoltà, per ridonarlo all’Ordine e all’amata nostra Provincia”.

Come si vede, il giudizio dei frati non era in armonia con “l’autorità” della Sopraintendenza.

Difatti nella lettera del P. Peroni, allora rettore di S. Lorenzo, del 31 Maggio 1938, è scritto che la Sovraintendenza (leggi il Comm. Forlatti) “da tempo esigeva una rinnovazione dell’Altare Maggiore”. Si scrive ancora: “Abbiamo fatto la prova per vedere se fosse ingombrante; invece riempie benissimo il vuoto e dona molto all’Abside. Il parere degli artisti è quanto mai favorevole, tanto più che il Tabernacolo ci viene per poco. La spesa complessiva si aggira sulle 12.000, che sono in buona parte accantonate da tempo a questo scopo. La sera del giorno 29 dello scorso mese i Padri riuniti in capitolo hanno approvato il lavoro e l’acquisto del Tabernacolo”.

Forse le cose del capitolo si sono svolte un po’ diversamente, se nel libro dei verbali del capitolo conventuale, l’unica volta che si tratta dell’altare maggiore, troviamo:
“19 Maggio 1938. Il Molto Reverendo Padre Guardiano ha convocato i Padri della Comunità in straordinaria seduta, presentando il progetto del nuovo altare maggiore, il quale Dopo alcune discussioni in proposito è stato approvato la seduta è stata rimandata. Firmato: P. Benedetto Peroni, P. Ferdinando Basso, P. Vittorio Valentini, P. Ernesto Perozzo”. NB.: Le cancellazioni sono autentiche e chiaramente visibili nel libro dei Verbali del Capitolo Conventuale.

Dalle due lettere riportate sembrerebbe che anche il P. Peroni non fosse entusiasta della collocazione del nuovo altare, data la presenza di quel “esige”. In realtà quella era un trucchetto per sollecitare il P. Provinciale. Infatti dalla documentazione, presente nell’Archivio del Convento di S. Lorenzo, ai documenti del quale  mi appoggio esclusivamente per la stesura di questo scritto, si rileva tutta la passione del P. Peroni per la riuscita della collocazione del nuovo altare.
Prima di procedere a indicare le fasi precedenti l’inaugurazione dello stesso altare, mi sembra necessario riprodurre il documento seguente:
“Copia del documento in pergamena murato nell’Altare Maggiore di S. Lorenzo a ricordo del compimento del Trono che abbellisce l’altare stesso.
Pax et bonum
Nell’anno del Signore 1938, addì 14 Settembre in Vicenza nella Chiesa monumentale del Glorioso Martire S. Lorenzo, sedendo sulla Cattedra di S. Pietro il Papa Pio XI, regnando Vittorio Emanuele III imperatore d’Etiopia, governando Benito Mussolini Duce del Fascismo, e il Rmo  P. M. Beda Mª Hess CXII Successore di S. Francesco Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, ed essendo Ministro Provinciale il M. R. Padre Maestro Vittore Maria Chialina, il sottoscritto Padre Benedetto Lamberto Peroni Guardiano dei Minori Conventuali e Rettore della suddetta Chiesa di S. Lorenzo, nell’onorifico intento della Maggiore Gloria del Signore Iddio e del sempre maggiore decoro della Sua Casa, si onora compilare questo breve cenno storico dell’Abbellimento e completamento dell’Altare Maggiore.

Al principio dell’anno in corso, pia persona che desidera rimanere sconosciuta, amante del nostro Maestoso Tempio e dal Signore ispirata ad operare il bene allo scopo di dare definitivo assetto all’Altare Maggiore, mancante di maestoso Trono per esporre alla adorazione dei fedeli l’Augusto Sacramento – diede nelle mani dell’esimio Signor Pietro Rizzato ragioniere della locale Congregazione di carità la somma di £. 2.500.=
Il sottoscritto, coll’animo riconoscente, si mise all’opera per tradurre in atto il desiderio suo e quello del pio offerente.
Nel frattempo, dalla R. Intendenza delle Belle Arti di Venezia gli venne offerto per un prezzo di favore il grande tabernacolo in marmo che un tempo abbelliva la Chiesa di S. Giovanni in Bragora di Venezia, dando la sua piena approvazione, perché essendo di stile classico venisse collocato nell’Altare Maggiore di S. Lorenzo affermando che quell’opera d’arte avrebbe dato grande lustro e decoro all’abside stessa, e assieme all’Ill.mo Signor Comm. Giulio Cesare Todescan zelante fabbriciere del Tempio si recò a Venezia ad esaminare il Trono e a trattare l’acquisto.
E felice dell’avvenuto fatto affidava il lavoro di trasporto, di restauro e di posa in opera all’industriale Marmista Signor Igino Cavallini di Pove di Bassano.

Il Trono acquistato costò £. 4.000.=
Nonostante la Superiore approvazione, anche per un doveroso riguardo verso l’Autorità Comunale di questa Città, proprietaria della nostra Chiesa, il sottoscritto fece tenere copia del disegno alla Commissione all’Ornato pel tramite dell’Ufficio Tecnico Municipale la quale non approvò il lavoro.

Il sottoscritto allora, ricorse all’autorevole giudizio dell’Ill.mo Signor Podestà Grande Ufficiale rag. Giambattista Cebba, il quale diede il suo assenso acciò il lavoro venisse eseguito, facendo vedere alla Commissione dell’Ornato che diverso sarebbe stato il loro giudizio dopo visto il  lavoro in opera.

Il lavoro di montatura del Trono venne iniziato il giorno di lunedì 29 Agosto. Ebbe il suo compimento la sera del 15 Settembre, con piena soddisfazione dell’intera Comunità, della Spett. Fabbriceria del Tempio e della cittadinanza.

L’inaugurazione ebbe luogo la Domenica Successiva 18 Settembre. Alla Santa Messa delle 11½ il sottoscritto dal Pergamo ringraziava e benediceva i buoni Vicentini che colle loro generose offerte lo aiutarono al compimento di un’opera sì bella e necessaria.
A Dio sia onore e gloria nei secoli eterni.

Vicenza, il giorno dell’Esaltazione della S. Croce, 14 Settembre 1938.
Il guardiano e Rettore di S. Lorenzo, P. Benedetto Peroni da Camposampiero.”

Questo documento è una testimonianza del lavoro e delle difficoltà. Però è opportuno che riandiamo a tutte la fasi della vicenda, seguendo i documenti secondo la loro data.

La prima lettera in nostro possesso è datata il 28 Marzo 1938, ed è stilata dall’Architetto Contardo Prof. Umberto. Egli era il tramite tra il P. Peroni e gli enti di Venezia.

“Dopo varie sollecitazioni in persona e telefonate, sono finalmente riuscito a sapere la proprietà ed il prezzo del tabernacolo proposto dal Comm. Forlatti per l’altare della Sua Chiesa di S. Lorenzo.
Il tabernacolo non è proprietà della Rrgia Sopraintendenza all’Arte, ma della chiesa S. Giovanni in Bragora, e per essa tratta il Rdo Parroco Monsigre Emilio Manzoni.
Il prezzo richiesto era di £. 7.000 – ridotto poi per la intercessione dello stesso Comm. Forlatti a £. 6.000 (seimila).
Data l’opera architettonica monumentale perfetta di concetto ed esecuzione ricca di marmi e sculture, ed in ottimo stato il prezzo è onesto e conveniente.”

Anche la seconda lettera è dell’architetto Contardo. In essa si comunica che “Oggi Le inviai il disegno schematico dell’insieme dell’altare” (29 Aprile ’38). Arriva anche il plico postale con il disegno, che tuttora è conservato nell’archivio.
Il 20 di Maggio troviamo l’inizio della corrispondenza tra il P. Peroni e Igino Cavallini di Pove, al quale era stato affidato il lavoro di adattamento dell’altare alla chiesa di S. Lorenzo. Perciò il disegno dell’architetto Umberto era già stato trasmesso al Cavallini, che si era posto subito al lavoro. Difatti nella lettera si legge: “Ho già approntato il progetto del Suo altare Maggiore come da Sue istruzioni avute … Ho scritto a Mons. Arciprete di S. Giovanni in Bragora”.

Sette giorni dopo (27 Maggio), Cavallini scrive: “Ieri mi sono recato a Venezia per sottoporre all’Architetto i campioni di marmi. Il Sig. Architetto disse indovinati i marmi e si dimostrò molto soddisfatto per la perfetta intonazione con l’altare di Venezia. L’assicuro Rev. Padre che i vicentini ammireranno il Suo altar maggiore perché è proprio una vera sorte aver trovato un così bell’altare che sembra ideato per il Suo presbiterio. Con Mons. Arciprete di S. Giovanni Bragora ho dovuto tanto insistere per il prezzo da me proposto. Egli insisterebbe per almeno £. 5.000, ma prima che io venissi via avrebbe detto 4.500. Ad ogni modo veda Ella come fare ma certo che è un buon lavoro e credo riuscirò averlo ancora per meno. Il completamento dell’altare costerà oltre 6.000 lire quindi con una spesa ridottissima Ella avrà un magnifico altar maggiore”.

Nella stessa data (27 Maggio) Cavallini scrisse una seconda lettera con le stesse notizie, ma con dei dati alquanto diversi.
In una lettera non datata, ma precedente il giorno 4 Giugno, come si vedrà, il P. Peroni scriveva al parroco di S. Giovanni in Bragora: “I padri del convento, lusingati dal giudizio del Sig. Cavallini, nel quale ripongono ogni fiducia, non intendevano pagare per il Tabernacolo più di lire 3.500, mettendomi in serio imbarazzo. Ho sentito però dal Sig. Cavallini che Lei sarebbe disposto a cederlo per £. 4.000. Se questo fosse io potrei mandarle la somma totale anche subito, facendole avere £. 500 in più segretamente. Mi risponda per iscritto o per mezzo del Sig. Cavallini oppure direttamente, come meglio crede.
Con ossequi. Devotissimo Padre Benedetto Lamberto Peroni”.

Il giorno 4 Giugno, dalla parrocchia di S. Giovanni in Bragora in Venezia, giunge la lettera di Mons. Manzoni: “Il sottoscritto parroco dichiara di cedere al Rmo Padre B. Peroni il tabernacolo rimosso da questa chiesa parrocchiale per £, 4.000 (quattromila) a netto di qualsiasi altra richiesta. Con ossequio. Devmo Don Emilio Manzoni”.
Un biglietto di Cavallini del 9 Giugno avverte che il cliché dell’altare e il disegno sono in arrivo. Perciò sia la lettera non datata al Podestà che riportiamo, sia la richiesta di offerte sono posteriori a questo biglietto. Però il giorno 11 dello stesso mese, il Cavallini scrisse ben due lettere. In una di esse accludeva la ricevuta di Mons. Manzoni datata il 10 del mese che recita così: “Ho ricevuto dal Rmo Signore  Padre Benedetto Peroni l’assegno della Banca Cattolica del Veneto di £. 4.000 (quattromila) quale prezzo di favore del Tabernacolo della mia chiesa. Con ossequi il Parroco Mons. Emilio Manzoni”.

Nelle lettere del Cavallini dell’11 si scriveva: “L’altare ora è a Pove e lunedì ne inizierò il lavoro. Non avrei immaginato certe difficoltà per il trasporto … Per martedì riceverà il disegno”. “Ritendo [evidente è “ritenendo”] che il Municipio esiga la pianta dell’altare ho voluto approntare anche quella. Martedì avendo occasione di passare per Vicenza verrò a recapitarle i due disegni”.
In una lettera non datata, anzi con la data abrasa tanto che ne è rimasto solo l’anno 1938, ma certamente collocabile tra le lettere dell’11 giugno e il giorno 13 Giugno, festa di S. Antonio, quindi il 12 di Giugno, il P. Peroni scriveva al Podestà di Vicenza:
“Illmo Signor Podestà,
Ho consegnato all’Ufficio Tecnico del Municipio il disegno dall’Altere Maggiore, che si ha intenzione di riprodurre a S. Lorenzo. Ci viene offerto da un parroco di Venezia un bel Tabernacolo classico, di marmo, che la Sovrintendenza  giudica opera bellissima e molto adatta per la nostra chiesa. Il Comm. Forlatti, come appare dal disegno stesso, ha dato la sua approvazione. Non mi resta solo che chiedere il Suo nulla osta, ed il lavoro sarà compiuto quanto prima. Siccome ho anche intenzione di chiedere un aiuto ai buoni vicentini in occasione delle prossime feste di S. Antonio, avrei una certa urgenza. La prego quindi di sollecitare l’esame e l’approvazione del lavoro”
Intanto il P. Peroni stava chiedendo le offerte a molte presone, delle quali alcune sono elencate su qualche foglietto. Alla richiesta era aggiunta una foto del disegno dall’altare, foto che sembrava scattata davanti all’altare come noi oggi lo vediamo.

Finalmente il giorno 20 Giugno Igino Cavallini descrive la fattura del nuovo altare.
“Il Signor Architetto Prof. Contardo e la Sovraintendenza ai Monumenti hanno fissato i marmi per il completamento dell’Altare Maggiore della Basilica di S. Lorenzo.
I°- Zoccolo al 3° gradino e la lesena della mensa in bianco Verona come le parti esistenti.
II°- La prima fascia di contorno al prospetto e parastre in Breccio Violetto della Versilia.
III°- Sfondo del parapetto a specchi in Breccio antico.
IV°- Fascietto di contorno in giallo Brecciato di Verona.
V°- Tabernacolo e gradino dei candelabri in marmo Carrara.
La fornitura del parapetto – Tabernacolo e gradino dei candelabri. Ripassatura e tassellatura all’altare acquistato a Venezia e gradini esistenti richiede una spesa di circa £. 12.000 (dodicimila).”
Il 4 di Luglio L’architetto Contardo scrive al P. Peroni:
“Mi faccio premura comunicarLe che ho spedito oggi raccomandati i disegni al vero del progetto Tabernacolo, perché ne prenda visione.
Ho avvertito pure il Cavallini che passi da Lei a ritirarli e che lo stesso m’informi quando il lavoro è al punto ch’io possa eseguire un sopraluogo nel laboratorio prima che venga portato in chiesa.”

La lettera successiva di Cavallini data il 30 Luglio: “Con mio grande dispiacere appresi del suo incidente. Di tutto cuore auguro non si tratti di cosa grave  e poter saperLa presto ristabilita. Il Suo lavoro è ormai al termine ed è ben riuscita. Di ciò ho anche informato il Signor Architetto, che finalmente ho ritrovato l’indirizzo. Prima mi vennero ritornate due lettere perché avevo sbagliato il numero. Nei prossimo giorni verrò a Vicenza e spero avrò il bene di vederLa”.
Che cosa era successo? Nella cronaca del convento lo stesso P. Peroni, eroe del momento, descrive l’accaduto. Val la pena di leggere.
“15 Luglio.

Parte per Salerno per un corso di Esercizi Spirituali al Seminario Regionale Pontificio. C’erano 350 chierici, e tutto andò bene fino alla fine, con soddisfazione comune.
22 Luglio.

Dopo la chiusa degli esercizi doveva partire, ma volle prima vedere la cattedrale normanna. Dopo la visita, si fermò a bere una sorsata d’acqua ad una fontana e scivolò malamente, fratturandosi un braccio al polso. Subito fu portato all’ospedale e l’esame radiologico dichiarò la frattura. Ritornò al Seminario, stette a letto due giorni, e la Domenica 24 si portò a Roma, accompagnato da Mons. Raimondi, Rettore del Seminario. Il giorno successivo, nella clinica della Suore della Sapienza, in Corso Italia, fu messo a posto il braccio e ingessato, tra dolori e spasimi. Il 26 tornò ai Santi Apostoli e fu ospite della Curia Generalizia per 15 giorni – Il giorno 10 Agosto gli tolsero il gesso e gli imposero dei bagni di acqua calda e massaggi, che sta tuttora facendo ogni giorno. Per più di un mese non celebrò la santa Messa”.
Non tutto il male viene per nuocere alla nostra causa. Durante l’assenza di P. Peroni, lo ragguagliò il P. Ernesto Perozzo, con due lettere molto analitiche, come era costume del Padre. E così veniamo a sapere come si svolgevano i lavori.
“2 Agosto 1938
Rispondo quanto prima alle sue due ultime. Qui gente d’ogni colore e d’ogni condizione che domanda di Lei … Le sue notizie erano veramente attese, tanto che eravamo a dire ai molti che ci domandavano di non saper neanche la sua residenza, poiché la corrispondenza inviata a Salerno venne e viene di ritorno…. Ed ora veniamo a quanto più interessa.
Ieri ho domandato udienza al Sig. Podestà, ed oggi sul mezzogiorno fui ricevuto veramente bene. … Esposi a nome suo le ragioni della mia visita. Pensava che già tutto fosse a posto, dato che lui era stato assente un po’ di giorni a Lavarone e a Roma. E allora alla mia presenza telefonò all’ingegnere (non so quale) domandando se il progetto approvato da Venezia era stato approvato dalla commissione. E con sorpresa di entrambi si sentì rispondere che non era stato approvato. Domandò le ragioni, ma io non le intesi. Mi disse che questa decisione lo meravigliava, e che l’hanno presa mentre lui era assente. Ora le pratiche le aveva il vice-podestà. Restò sorpreso perché mi disse che a Lei aveva fatto capire che, dal momento che c’era l’approvazione di Venezia, non c’era bisogno di quella di Vicenza. Disse però e se lo annotò che s’interesserà lui direttamente ora, e che me lo comunicherà telefonicamente. … Intanto ho scritto a Cavallini che sospenda la spedizione. Al Podestà ho pure detto che tutto era pronto. I disegni andrò riprenderli, quando il Podestà mi avrà dato risposta.
2/8/38    devmo P. Ernesto”
Il giorno 7 Agosto, arriva una lettera dell’Architetto Contardo indirizzata al P. Peroni, nella quale si diceva: “Sono venuto in possesso della fotografia e schizzo del tabernacolo proposto dal Comm. Forlatti. Ora lo disegnerò in scala sopra la mensa attuale per poter vedere la linea che ne assume l’insieme. È un complesso grandioso e ricco, ed a quanto ho potuto sapere il prezzo è molto conveniente”.
Il giorno successivo, una seconda lettera del P. Ernesto, ci ragguaglia tra l’altro: “Nella sua mi dice di essere in pena per le mancate notizie dell’altare. Non fu incuranza questa, ma assoluta privazione di notizie precise da parte del Sig. Podestà. Telefonai a questi anche sabato scorso, dietro suo appuntamento, e mi rispose che in quel momento aveva ancora da trattare a fondo col vice-podestà, il quale tiene tutti gli incartamenti e le decisioni della commissione d’ornato. Sul mezzogiorno dello stesso giorno fu il Podestà stesso che mi chiamò al telefono, ma io non c’ero; rispose per me P. Vittorio. E disse che oltre alla ragione dello stile, in parte barocco del trono, la difficoltà del colore dei marmi, che dal disegno apparivano un po’ troppo smaglianti – mentre dovrebbero avere una certa tinta che dica di antico ecc. Allora P. Vittorio propose di far venire Cavallini con i campioni, ma rispose che dai campioni isolati non ci si può fare un’idea esatta e dare un giudizio equilibrato. Il Sig. Podestà invece disse che avrebbe pensato lui a mandare a Pove un competente della commissione per vedere i lavori nel suo insieme e poi mi avrebbe comunicata la risposta. Ora qualche minuto fa gli telefonai nuovamente domandando più precisamente quali erano le vere difficoltà e se mi poteva dare una risposta definitiva. Mi disse che le difficoltà, come le dissi sopra, erano quelle dello stile che non si compone allo stile della chiesa e poi anche quella dei marmi. Io le feci notare che dal momento che desideravano portarsi a Pove per vedere il colore dei marmi era da ritenersi che le difficoltà vera non riguardasse tanto lo stile, il disegno, ecc., quanto la patina dei marmi, e mi rispose in tono conciliativo che vedendo le cose in tutto il suo insieme potrebbe darsi che si fondessero e non dicessero male. Domandai allora per quando si poteva sperare una risposta , poiché P. Peroni sarà facilmente di ritorno giovedì o venerdì. E mi disse che per quella data no; ma che avessi pazienza poiché attualmente tutti i membri della commissione sono impegnati. Mi assicurò però che lo farà quanto prima le sarà possibile.”

Ho riportato questa lettera (accettando l’uso un po’ libero  dei pronomi), per indicare alcuni particolari. Tutto il convento infatti era al corrente e interessato alla situazione del nuovo altare. La commissione ornato era attiva e condizionava il Podestà. Nell’amministrazione comunale forse c’era una riluttanza ad approvare il nuovo altare.
Il giorno 16 Agosto, l’architetto Contardo scrive: “Il nulla osta al lavoro dell’altare da parte del Comune di Vicenza ritengo non sia necessario, quando la Sopraintendenza ai Monumenti ha dato l’approvazione, essendo essa la sola responsabile della tutela del Patrimonio Nazionale Artistico. È quindi fuori luogo che l’ufficio tecnico faccia ostacoli su un progetto che non spetta a loro il giudizio, e che le fu inviato solo per un senso di deferenza e per la sola conoscenza. Ad ogni modo giovedì prossimo nel pomeriggio verrò a Vicenza e prima di recarmi al Municipio passerò da Lei sulle 15½ circa”.
Il 21 Agosto, in una lettera del Cavallini, nella quale chiedeva un favore al P. Peroni, gli scriveva: “Ho pregato il Sig. Architetto di venire pure lui a Pove prima che il lavoro venga trasportato a Vicenza”.
Il 22 Agosto, il P. Peroni fa scrivere (la sua mano non poteva ancora articolarsi) una lettera al Podestà di Vicenza.
“Non vengo a disturbarLa di persona per non rubarLe del tempo prezioso… Non ho ricevuto ancora alcuna risposta alla mia lettera speditale giorni or sono da Roma, ma so, da notizie assunte presso l’ Ufficio Tecnico del Municipio ch’Ella ha intenzione di mandare in settimana persona di fiducia a Pove di Bassano per sciogliere finalmente l’incresciosa questione dell’Altare che attende da tempo la sua posa in opera.. mi permetto raccomandarLe di non procrastinare di troppo la decisione da prendersi perché urge che l’Altare venga messo a posto. Io sono impegnato e compromesso con tutta Vicenza, che mi ha aiutato per quest’opera in una maniera sorprendente, e non posso e non devo deluderne l’aspettativa. Chiedo venia della mia insistenza e attendo benigna risposta”.
Il giorno 31 Agosto l’Architetto Contardo scrive: “Giovedì scorso mi recai a Pove di Bassano dal marmista Cavallini per un sopraluogo e verifica dell’esecuzione e stato di lavoro del tabernacolo dell’altare che trovai prossimo alla fine, ed accurata la fattura. Ritengo quindi che in settimana potrà essere inviato a Vicenza. Dallo stesso Sig. Cavallini ho appreso che dopo la mia intervista con l’Ing. Capo, quei signori si sono decisi di dare il nulla osta, e spero ne sia Lei già in possesso. Meglio così, evitando in tal maniera incresciose polemiche e perdita di tempo. Attendo ora dal Cavallini comunicazione del giorno che inizierà la posa in opera, perché io possa in precedenza portarmi a Vicenza per le necessarie istruzioni”.
Nel libro delle cronache del convento, il 29 Luglio è notato: “Inizio lavori dell’Altare Maggiore. Due operai, ospiti del Convento, lavorano indefessamente”.
Finalmente una lettera di quasi liberazione, dopo tanta tensione, del P. Peroni (sempre scritta da altra mano) all’Architetto Contardo, datata il 2 Settembre: “Oggi ricevo la Sua e Le faccio sapere che l’Altare è arrivato e stiamo [nota il plurale] mettendolo in opera. I lavori procedono alacremente e quando saranno verso la fine l’avvertiremo perché Ella venga a darne il collaudo a meno ché non creda necessario venire prima. Il Municipio mi ha telefonato che posso incominciare il lavoro, dopo una mia lettera piuttosto forte e decisiva e dopo il Suo colloquio ed una visita del marmista che perorò nuovamente ed efficacemente la causa. Ora non resta altro che finire il lavoro e pagarne le spese”.
Il 5 di Settembre l’Architetto Contardo annuncia la sua prossima visita di sopraluogo ai lavori.
Nella Cronaca del Convento, il 18 Settembre è notato: “Oggi, Domenica, si inaugura l’altare, senza feste speciali, perché sostano e lasciano il tempo che trovano. A tutte le messe si dice una parola di ringraziamento, e alla sera, prima della funzione, si benedice il Tabernacolo. Alla Messa delle 11½ il P. Guardiano parlò dell’Altare, ringraziando offerenti e critici, e dicendosi lieto di poter presentare un’opera d’arte che arricchisce la chiesa. Tutti hanno apprezzato il lavoro ed hanno avuto parole lusinghiere pei Padri.
Nella stessa Cronaca è incollato anche un ritaglio del giornale, dove si titola “Nobile opera di sacro decoro inaugurata a S. Lorenzo”.
Il testo: “Il nostro bel San Lorenzo va adorno di un’altra opera di decoro sacro, che corona il suo felice risorgere. All’organo armonioso e al pavimento marmoreo, si aggiunge, ora, il troneggiare maestoso dell’altare maggiore artisticamente rinnovato, con ricchezza di marmi e genialità di disegno. Offerto dalla Sovraintendenza alle Belle Arti in Venezia il vecchio tabernacolo e trono della chiesa di S. Giovanni in Bragora di quella città, i benemeriti Padri Conventuali di S. Lorenzo lo accettarono …  Benché forse un po’ meno aderente, nell’agilità delle linee, allo stile slanciato del tempio, il lavoro d’insieme si presenta felicemente riuscito e riempie degnamente il vuoto dell’abside, ingemmando la nostra Santa Croce vicentina di una nuova opera d’arte pregevolissima …”
Un NB del libro delle cronache del convento scrive: “L’articolo sull’altare dice erroneamente che il Tabernacolo è stato offerto dalla Sovraintendenza alle belle arti. Non è esatto. La Sovraintendenza lo ha consigliato ed i Padri lo hanno acquistato con Lire Ital. 4.000.
Strascichi sono continuati, soprattutto per il pagamento degli operai e delle ditte, che hanno eseguito il lavoro di montaggio.
Il Cavallini scrive, il 29 Settembre: “In merito al conto presentato dal Toniolo [uno degli operatori per la messa in opera] non saprei proprio come si siano sciupati tre quintali di cemento. Ma non avendo io controllato di presenza non ho tanta forza di oppormi. In ogni modo alla mia prossima venuta a Vicenza mi recherò dal Toniolo e farò presente ogni cosa e certo qualcosa si otterrà. – In riferimento al mio conto se vi sono degli errori questi verranno corretti e quel che Le ho detto sarà mantenuto. – Per intanto sarebbe sufficiente se in breve Ella potesse inviare le £. 800 al Marcadello così … lui s’accontenta. … Dal resto dal conto del Toniolo Ella può farsi un concetto che il lavoro in marmo costerebbe veramente quanto è segnato sul mio conto. Con tutto ciò se lo potessi per Lei farei ancor di più”.
Finalmente arriva anche la dichiarazione del collaudo:
“Premesso che il lavoro, eseguito su progetto del sottoscritto fu approvato dal Revdo Padre Peroni Rettore del suddetto Tempio, e vistato dalla Regia Sopraintendenza ai Monumenti, fu iniziato nell’agosto e terminato il 18 Settembre corr. Anno.
Proceduto oggi 29 Settembre al collaudo dell’opera, previo controllo delle misure e conseguente verifica della esecuzione dei dettagli secondo i particolari al vero, ed alla sua lavorazione, ho constatato che il tutto fu eseguito con perfetta perizia tecnica ed artistica.
L’applicazione dei marmi … eseguita secondo i campioni scelti, e così pure ogni altro materiale adoperato fu di pieno gradimento del sottoscritto.
Preso in esame la polizza prodotta dalla Ditta Sig. Cavallini, considerato il genere di lavoro necessario di avere una accurata esecuzione, ciò che fu fatto, ritengo cha la cifra richiesta non debba essere di molto sbagliata e cioè l’importo da £. 12.920 sia liquidato con £. 12.750 (dodicimilasettecentocinquanta).
Venezia 1° Ottobre 1938 – XVI. Umberto Contardo”.
Il collaudo era accompagnato da una lettera, dove il Contardo annotava, tra l’altro:
“Come leggerà, essendo l’importo richiesto onesto poca differenza troverà di ribasso.
Le accludo anche la mia specifica di competenze e spese che ho tenuto per mia deferenza a Lei al di sotto della percentuale stabilita nelle tariffe degli onorari. Ciò nella speranza che Lei mi tenga molto presente per lavori Suoi o per altre chiese rette dai suoi confratelli. Vorrei pregarLa del favore se potesse farmi tenere l’importo onorari con gentile sollecitudine, avendo anch’io degli impegni pressanti. … Devmo Umberto Contardo. Nella prossima settimana Le invierò i disegni pile acquasanta.”
La situazione pagamenti non era ancora chiusa, perché il Cavallini scrisse una lettera l’11 di Novembre: “ … Per l’errore incorso io sono rimasto ancora allo scoperto di £. 482 verso il Marcadello, ma naturalmente io non posso e non devo accennare al nostro errore di contabilità. Io domani cercherò di accomodare il Marcadello, e La pregherei pertanto di rispondere al Marcadello che essendo ancora i conti in sospeso col Cavallini deve prima intendersi col Cavallini stesso. Così si evita di far conoscere certi particolari che a me spiacerebbero e da parte mia cercherò domani saldare il Marcadello e così ogni pendenza verrà chiusa”.
Il giorno dopo Cavallini scrive: “Facendo seguito alla mia di ieri sera La prego di non voler rispondere al Marcadello … In settimana verrò col disegno dell’acquasantiere”.
Fin qui la corrispondenza conservata in archivio.
Credo opportuno notare prima di tutto che l’antico altare ancora è presente seppure implementato nel nuovo altare. Quella mensa non fu rovinata neppure dai Francesi, dagli Austriaci e dai restauratori dell’Ottocento.
L’altare eretto nel ’38 rimane oggi quello che fu alla sua costruzione. Una piccola modifica subì negli anni ’60, quando la statua della fede, che terminava al culmine del baldacchino fu tolta e conservata in un ripostiglio del convento, per far risaltare il bel crocifisso che oggi sormonta il Tabernacolo stesso, e che ridona quella spinta in alto, desiderata da alcuni. Questo crocifisso fu posto in alto, servendosi dei tiranti che reggevano i padiglioni che si estendevano per tutta la larghezza del vano e erano distesi in particolari circostanza per far da sfondo alle grandi immagini dei santi, celebrati, come la Madonna, S. Francesco o S. Antonio. La nudità del semplice crocifisso ridona una specie di severità e in qualche modo equilibra la ricchezza barocca dell’altare.
Il tabernacolo fino a quella modifica, accoglieva un piccolo crocifisso di metallo al di sopra del ciborio, crocifisso che fu tolto. L’altare, così solenne, serviva soprattutto per le funzioni eucaristiche, oggi ormai molto rare, perché sostituite dalle messe vespertine.
Nella sede alta si esponeva l’ostensorio durante l’adorazione. Vi si arrivava per una scala, sempre pericolante, addossata nel retro dell’altare stesso. Noi si ringraziava Dio ogni volta che vi si riusciva a scendere. L’impresa più ardua, per quell’esposizione, accadeva quando si esponeva, nelle grandi solennità, l’ostensorio magnifico e pesante del Cav. Antonio Gentilin.
Per l’adorazione feriale, nella quale usava esporre una pisside alla soglia del ciborio, era sufficiente aprire le porticine del ciborio, che, con il tempo, furono ornate nell’interno con due angeli adoranti, i quali si inchinavano verso la pisside. Angeli che ancora rimangono.
L’altare del ’38 è ormai parte accettata con tranquillità nel complesso del tempio.