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Umorismo di Gesù

A forza di leggere il Vangelo mi è capitato di umanizzarlo.

Infatti io non sono né un esperto biblista, né un liturgista serioso, che stilizza e agghiaccia ogni parola che tocca. Io non credo né alla supremazia dei dotti, né alla tristezza dei sacralizzatori.

Spesso il  Vangelo, per i dotti si trasforma in un cadavere da anatomizzare, e per i liturgisti in un tabù freddo e pauroso da non toccare.

Io leggo il Vangelo in modo da sentire che cosa mi scrive mio padre, mentre ancora non mi è dato di vederlo. Io so che mio padre è bellissimo e carissimo. Però non lo vedo.

So anche che mio padre è molto intelligente e perspicace, padrone di sé e sorridente: addirittura lui è beato.

E allora ascoltando o leggendo le parole di un beato, mi riesce naturale scorgervi il sorriso, la risata, l’ironia, il buon umore. Insomma tutte le trovate spiritose di una persona matura e profondamente in pace.

Leggendo il Vangelo con buon umore, mi accorgo delle finezze in esso contenute. E anch’io mi faccio la mia bella risatina.
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     Una volta Gesù stava entrando a Gerusalemme, e i bambini e i discepoli gli facevano festa e gli gridavano entusiasmati frasi degne soltanto di un re: “Benedetto chi viene mandato da Dio. Pace in cielo, gloria nell’alto!”.

Alcuni farisei avvertirono Gesù: “Maestro, sgrida  ‘sta gente!”. E Gesù, con ironia: “Chi volete che sgridi? Se loro tacessero, griderebbero i sassi!”.
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Gesù stava passando la notte a parlare con un calibro da novanta dell’intelligenza ebraica. A un certo momento della conversazione, Gesù prende in castagna quel cervellone, quel Nicodemo, perché non sa rispondere a domande elementari, e gli butta lì, bonariamente, la frase: ”Ma come!? Tu sei maestro del popolo, e non conosci queste cose?”.
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A un gruppo di farisei che pretendevano di conoscere tutto, ma non s’accorgevano di ciò che gli stava davanti, proprio sotto il naso, cioè che Gesù era il grande inviato da Dio, Gesù dice: “Dall’osservazione del cielo voi sapete indovinare se sta per piovere o per fare bel tempo. E da tutto ciò che io vi dico e vi mostro non sapete trarre delle semplici conclusioni?”.
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Ai suoi avversari, che trovavano tutte le scuse per non riflettere sulle novità, che Gesù stava annunciando, Gesù diceva: ”Siete proprio come tanti bambini, che giocano in piazza. Se un gruppo di loro finge di suonare un ballabile, allora si lamenta che gli altri non ballano. Oppure se finge di suonare la marcia funebre, allora si lamenta che gli altri non piangono. Voi siete appunto così: Giovanni Battista faceva lunghi digiuni, e, per tutta risposta, voi dicevate: quello ha i grilli in testa. Io mangio e bevo, e blaterate: quello è una buona forchetta, che se la vede con i collaborazionisti e con le prostitute. Si vede proprio che bei risultati produce la vostra intelligenza!”.
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All’apostolo Pietro, che smargiassava: “Signore caro, io ti sono fedele. Io morirei per te!”, Gesù con sguardo compassionevole disse: “Cala, cala: stanotte prima dell’alba tu mi avrai rinnegato ben bene!”
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A Giuda, che per consegnarlo alle guardie del tempio aveva strologato lo stratagemma del bacio, con l’aggiunta del titolo “Maestro”, Gesù risponde pane per focaccia: “Amico” gli dice: sì, proprio “Amico”, un ironico “amico” da opporre al falso “maestro”.
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Erode trama per uccidere Gesù. Alcun i farisei, probabilmente simpatizzanti per Gesù o almeno contrari al re Erode, avvertono Gesù. E lui, che in qualche modo ha scoperto la trama di Erode, lo canzona chiamandolo ironicamente “astuto”. Infatti incarica i farisei di recarsi da Erode: “Andate a dire a quella volpe: io oggi e domani vinco la cattiveria e risano le malattie. Solo dopodomani terminerò”.
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 C’è un modo finissimo di dare del “bue” a qualcuno. Ed è il modo che raffronta l’uomo al bue.

Nella Scrittura troviamo: “Il bue riconosce la sua stalla e voi non riconoscete il vostro Dio”. Gesù racconta  “Nel giorno di festa voi sciogliete i buoi per condurli all’abbeveratoio, e io non posso sciogliere una persona ammalata dal suo pasticcio?”
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Un giorno Gesù si trovava a pranzo presso un puritano fariseo. Durante il pranzo, entra nella sala riservata a soli uomini, una prostituta, che si getta ai piedi di Gesù, lava i suoi piedi col pianto, li deterge con i capelli, versa i suoi profumi non sulla propria persona, ma su quella di Gesù. Il fariseo, uomo che si credeva illuminato, giudica Gesù una schiappa in quanto a profezia. Infatti Gesù doveva pur annusare per rendersi conto di che razza di donna aveva... tra i piedi. E Gesù fa della finissima ironia, dicendo: “Vedi, Simone, questa donna? Tu quando sono entrato in casa hai mancato al dovere di ospitalità, che considera anche la lavanda dei piedi, il bacio di benvenuto e il versamento di profumo sul capo dell’ospite. Invece questa donna ti ha battuto in curva: mi ha lavato e asciugato i piedi, ha continuato a baciarmi, e mi ha profumato!”
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Si potrebbero spigolare molti altri episodi evangelici, zeppi o di umorismo o di ironia.

Però mi pare azzeccato ricordare l’umorismo e il continuo sorridere lepido, che si annidano dentro le famose parabole.


      La grandiosità della presenza amorosa di Dio viene assimilata a una piccola vanità, come il monile perduto dalla donna (Lc 15,1). La preghiera è assimilata ad un importuno che sveglia di notte (Lc 11,5) o a una donna insistente e petulante che si impunta con il magistrato (Lc 18,1). L’allargarsi dell’opera di Dio viene ridotto a un seminare di senape (Mt 13).


       L’uomo che non conclude nulla si rispecchia in un fico improduttivo (Lc 13,6). Chi si disinteressa di Dio è assimilato a un boaro, che s’interessa solo di buoi (Mt 22,1).

Inoltre c’è una ironia amara e divertita in molti racconti del quarto Vangelo, quello di Giovanni.

Il cieco guarito, davanti alle obiezioni poco intelligenti dei capi, sbotta: “Appunto, questo è strano: voi non sapete di dove sia Gesù, e intanto lui mi apre gli occhi!”. Lo stesso cieco ai capi che definivano peccatore Gesù, dice: “Se lui è peccatore, questo non lo so proprio, però so bene un’altra cosa: ero cieco e ora ci vedo!”.

Alle nozze di Cana, il capotavola casca dalle nuvole, quando trova eccellente il vino prodotto da Gesù: “Di solito il vino buono va servito per primo, e lo scarto viene passato quando i commensali sono alticci. E invece tu hai riservato il vino buono per la fine!”.

I samaritani dicono alla donna che li aveva indirizzati verso Gesù: “Non è per le tue chiacchiere che crediamo, ma perché noi l’abbiamo costatato!”. Il che, come complimento, non è proprio da buttar via.

E quei signori che sbattono davanti a Gesù una donna adultera perché Gesù la condanni, si sentono arrivare una frecciata agli orecchi: “Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”. E allora si dileguano tutti, a cominciare dagli anziani.

E si narra pure che i giudei volevano ammazzare Lazzaro risuscitato, per cancellare l’operato di Gesù. Come se Gesù, che aveva risuscitato un morto, non fosse stato in grado di risuscitare un ucciso.

Non proseguo oltre. Ma dopo questi accenni, mi viene la voglia di rileggere, con il sorriso sulle labbra, tutti e quattro i Vangeli perché li sento... pieni di buon umore. E come si può non essere di buon umore, quando si nutre la certezza della vita eterna?

GCM 27.11.90