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*Ignoranza nuova povertà


    Una delle nuove povertà è l’ignoranza. Il povero è ignorante? L’ignorante è povero? L’ignoranza è sempre nuova, perché ogni uomo trascina con sé la nuova ignoranza.

    Intuendo la connessione tra povertà e ignoranza, S. Francesco d’Assisi, nella regola definitiva, indica a coloro che non sono scolarizzati, di non preoccuparsi di imparare (cap. 10). Un povero, perciò, deve rimanere ignorante?
   Eppure Francesco indica ai frati di attuare la predicazione. Quindi, per predicare, dovrebbero anche usare strumenti di lettura. Addirittura egli loda S. Antonio, perché crea scuole per i frati.


    Sembra una contraddizione, ma se riusciamo a guardare più attentamente, troveremo qualche indicazione utile sul senso dell’ignoranza e della povertà. Infatti l’ignoranza può anche impedire di destreggiarsi nel cammino della vita. Ma quale ignoranza?
     S. Paolo, scrivendo ai Corinzi, si dichiara ignorante: “Fra voi ho scelto di non conoscere altro, che Cristo e questi crocifisso” (2,2): quel Gesù che i pagani giudicano pazzo. La stessa predicazione è pazzia (1.23).
    Come appare evidente, si dà anche un’ignoranza scelta, perché accompagna la salvezza. Allora ogni ignoranza è da superare, e con esse anche la “sapienza della Croce”?
     Lo stesso Gesù non è del parere di coltivare l’ignoranza. Infatti “sbarcando, egli vide una grande folla e ne ebbe compassione, perché erano come pecore prive di pastore, e cominciò a insegnare [insegnare, non predicare o annunciare] a loro molte cose”(Mc 6,34). Gesù “ebbe compassione”. La stessa compassione che nutriva per gli ammalati, per la vedova di Naim, per i peccatori. Gesù davanti all’ignoranza si commuove: l’ignoranza è una delle povertà umane, contro la quale Gesù interviene, perché sa che i poveri li avremo sempre tra di noi.

POVERTÀ IGNORANTE


      La vita è generosa, a tutti ha largito una quota di ignoranza, a ciascuno secondo le sue capacità. L’ignoranza si rivela in ogni generazione. Se poi l’ignoranza è povertà, a ciascuno è rivolto quel “beati i poveri”.
      Allora è necessario esser contenti della propria ignoranza e favorire quella del prossimo? La medaglia ha due facce. Ogni beatitudine, anche la povertà, non possiede soltanto “una altissima dignità” (al dire di Francesco). Essa è anche una faccia del bene e del male. Gesù afferma “Beati voi quando vi perseguiteranno”, e dice pure: “Guai a coloro che producono scandali”.   Beatitudine da un lato, condanna dall’altro.
       L’ignoranza voluta e imposta, è ripudiabile. Paolo: “Fratelli, non voglio che voi ignoriate…”. Paolo si oppone all’ignoranza deleteria, perché è inciampo, cioè “scandalo”:  ciò che ci fa incespicare, sia nella fede, sia nella vita quotidiana.
      La nostra epoca produce nuovi scandali, nuove zone di buio, che impoveriscono il vivere, cancellano la serenità e la voglia di vivere. Sotto questo aspetto l’ignoranza-povertà contrasta il  Dio amante della vita. Questo tipo di ignoranza killer si infiltra un po’ dappertutto.
      L’occhio attento di  Dio, Padre della nostra vita, scorge questa ignoranza, la sopporta e la vuol debellare. Perciò manda il Figlio Gesù, luce che illumina ogni uomo. Questi illumina le tenebre, le scova, strappa da esse i suoi figli e li riporta alla luce. Indica anche a noi gli strumenti per scovare l’ignoranza e vincerla.

      L’IGNORANZA NEL BAMBINO


      L’ignoranza nel bambino è povertà, nuova povertà?
     Si è convinti che il bambino nasca ignorante all’ennesima potenza: tabula rasa. Invece il bambino non è ignorante. Lo si fa diventare ignorante: solo questa  ignoranza è una povertà da superare.
      Alcuni psicologi e alcune persone anziane sono intenti a scovare e a indovinare l’intelligenza delle scimmie, dei cani, dei gatti e dei cavalli. Troppi invece trascurano di esplorare a fondo l’intelligenza di questo bambino qui, di questo mio figlio. Tutt’al più si sorride sulle trovate che il bambino inventa per farsi capire: e ciò fin dalla nascita, fino dal ventre materno.
      Il bimbo piange? Be’, poi smetterà. Il bimbo sorride? Perché quel sorriso alquanto cretino? – Pianto, sorriso, sbarramento degli occhi, scalciare l’aria, e molte altre manifestazioni, sono segnali, che costituiscono autentici messaggi del bambino. Non rispondere o interpretare male questi messaggi caccia il bimbo nell’ignoranza anziché sviluppare la sua intelligenza.
      Ogni bambino nuovo, ricacciato nell’ignoranza, porta una nuova povertà sulla terra. Il bambino incatenato nell’ignoranza, perde o compromette le sue future conoscenza, perfino la sua percezione della vita e, in essa, della presenza di  Dio.
      Il bambino fino dal concepimento e dalla nascita, è aperto alla percezione di  Dio, perché  Dio gli è sempre accanto, e indirizza all’intelligenza del bambino i suoi stimoli, grazie all’influsso dello Spirito Santo. Trascurare di pronunciare le parole di  Dio, quando si parla al bambino “che non capisce ancora” (falso!) influirà poi sullo sviluppo della sua fede. Gli studi della Dolto e di altri psicopedagogisti sono lì a dimostrare quanto fruttano in seguito le parola seminate nel bambino, durante il suo primo anno di vita, se non si favorisce la sua ignoranza.

      L’IGNORANZA NEL FANCIULLO


     I libri scritti sulla religiosità del bambino, sono quasi sempre letti con curiosità, non con meraviglia. La meraviglia favorisce la fede, la curiosità l’agghiaccia.
     Già il bimbo è predisposto a “conoscere  Dio”, il fanciullo poi sviluppa questa disposizione. Nella nostra civiltà, ammorbata di relativismo supponente, molti educatori (genitori, insegnanti) evitano di parlare di  Dio ai fanciulli “per non influirli, e rispettare la loro libertà”.
    È strano notare che questi stessi educatori non s’accorgano di costringere le libertà dei fanciulli nell’insegnare e imporre loro il mangiare e il vestire. Sono piano diversi? Sì, sono piani diversi, ma tutti radicati nello stesso fanciullo.
     Ecco è questa una povertà sempre nuova, perché sempre rinnovata. Questa povertà si estende non solo nel settore religioso, ma in ogni settore della vita, soprattutto nei paesi dove la verità, che dovrebbe accedere ai fanciulli attraverso l’istruzione, non arriva. Carenza di educatori, che amino; di strutture domestiche e scolastiche; di cibo, che sostenga l’attività del cuore e del cervello.
      Tutti sanno che la povertà di scolarizzazione è elevata nel terzo mondo soprattutto. Non sola la scolarizzazione, ma – ciò che è ancor più esiziale – la trasmissione delle tradizioni di ogni cultura. La mondializzazione delle televisioni, per esempio, ha fortemente impoverito le bellissime culture locali, creando un pauroso vuoto alla base delle persone. Le popolazioni, e non solo quello del terzo mondo, vagolano senza le basi della loro cultura locale, sbattute dal mondo dell’immagine e della stessa scolarizzazione sempre più monocorde, imposta dalle tecniche occidentali, che per arricchirsi, rendono sempre più povera di idee e di tradizioni tutta la terra.

      L’IGNORANZA CHE ESCLUDE


     Bambini e fanciulli abbuiati nell’ignoranza preparano giovani ignoranti. Purtroppo l’ignoranza giovanile non è esente dalla pretensione, che avvita l’ignoranza su se stessa. Avvitandosi addosso produce sacche di esclusione, pur con una parvenza di immissione nel contesto sociale.
     Il giovane – e con lui l’adulto, soprattutto quello ammalato di giovanilismo – si fa ignorante, proprio perché è convinto che lui finalmente porterà la verità, prima nascosta a tutti. Alcuni giovani – non sempre e non tutti – tendono a giudicare povero di idee il mondo prima di loro. Essi pretendono di cambiare il mondo, collocandolo davanti a loro e facendolo bersaglio delle proprie distruzioni: distruzione di oggetti e di idee.           Comportandosi così, essi non s’accorgono di essersi tirati fuori dal mondo che criticano, ed essersi ridotti a marginali.
     Già nel giovane nasce un’occulta ignoranza di se stesso, proporzionata alla critica negativa che spruzza sugli altri e alla reale ignoranza che nutre circa il mondo degli altri.
     Tuffato in una società che soffoca la giovinezza per imporre la giovanilità, tende a sfrondare il vigore delle conquiste precedenti, per trovarsi con una ramaglia rinsecchita e spoglia. Uno sguardo dentro le scuole superiori, scorge il serpeggiare della supponenza e del bullismo, dell’aridità e della disperazione.
    Tutta la gioventù è così povera e rinsecchita? Per fortuna no. Però una fascia non esigua di giovani e di adulti, che da quei giovani sono stati preparati, vive con idee rimpicciolite, non sa vedere oltre la discoteca e lo spinello, condannandosi a una povertà spirituale ed emotiva, che incute terrore, quando non diventa terroristica. E che dire poi della povertà spirituale di coloro, giovani o meno, che misconoscono   Dio?

     L’IGNORANZA DEI RICCHI


  Nei giovani la pretensione ignorante suscita compassione, negli adulti tristezza, nei ricchi disperazione. È possibile raddrizzare la corsa?
    La pretensione è figlia della povertà spirituale ed è anche madre della povertà interiore. La ristrettezza di idee è radice di pretensione, cioè di orgoglio. Gli orgogliosi sono quei poveri, che pretendono di essere ricchi.
     Chi non ricorda l’Apocalisse? “Tu dici: sono ricco; mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla. E non ti accorgi che sei il più infelice: miserabile, povero, cieco e nudo” (Ap 3, 17). È la povertà dei ricchi. Non solo dei ricchi finanziariamente, che s’illudono di saper tutto e di dominare tutto, ma pure dei ricchi intellettualmente, i quali credono che il mondo sia secondo le loro idee. I saccenti atei, i relativisti, i maestri del pensiero autoreferenti, cioè incapaci di guardare fuori di sé.
    Atei e scettici hanno tarpato la loro esistenza, castrando l’area più lucente e più respirosa della vita umana. La società del benessere soffre del pericolo di trasformarsi in madre di povertà interiori, inaridisce la speranza, riduce la verità in notizie superficiali. Si parla tanto di televisione spazzatura, eppure molti attingono le proprie conoscenze unicamente dalla televisione, che dovrebbe elevare il tono spirituale, ma non ci riesce.

     L’IGNORANZA DEI POVERI


   Di fronte all’ignoranza dei ricchi, si contrappone l’ignoranza dei poveri, i quali raddoppiano la loro povertà.
    I poveri, ovviamente, godono di meno stimoli alla sapienza. Sapienza, non informazioni. Dalle nostre parti anche i poveri sono informati, ma stentano a diventare sapienti, pur conservando nelle proprie viscere tesori non sfruttati di sapienza. Ci sono poveri che difendono la propria ignoranza, moltiplicandola.
     Il povero ignavo non vuole scuotersi per illuminare il proprio cuore e la propria mente.
    Però più spesso il povero viene trattenuto da altri nella sua oscurità interiore, grazie alle ideologie, filosofiche o politiche, che appaiono scintillanti e illudono. Il povero attende il sole dell’avvenire, che provoca un benessere momentaneo, per poi affondare in una perenne scontentezza. L’illusione serpeggia nelle entragne di tutti, quando ci lasciamo infinocchiare dalle promesse della tecnica, della medicina spicciola, o del politico di turno.
    La povertà del povero s’accresce, quando si abbandona alla fantasia. Cresce il numero dei poveri ignoranti, ai quali si proietta la beatitudine dei paesi di bengodi, per poi trovarsi stipati nelle baraccopoli delle periferie. I furbi sfruttano l’ignoranza dei poveri, per arruolare braccia per lavori usuranti e mal retribuiti, o per fornire carne da macello per guerre, che distruggono anche quelle ricchezze, alle quali i poveri anelavano.
     L’ignoranza dei poveri è la povertà dell’ignoranza.

    L’IGNORANZA DEL PAUROSO


    La povertà delle emozioni, dove paura e ignoranza si abbracciano. La paura è alimentata dall’ignoranza. La paura è sempre rivolta a qualche cosa di ignoto, di ignorato, di ignoranza.
     Illusione e paura, nascono dal non conoscere e riducono il vivere: l’illusione confinando la vita nel sogno, che ostacola l’agire; la paura rinserra nelle difese, che imprigionano lo sviluppo della persona e della società.
     Paura del futuro, che appare unico sbocco di salvezza: il cammino è incerto, perché incerta la meta.
     Paura del presente: la persona non conosce se stessa e il proprio ambiente, e si rattrappisce. Si perde il contatto con le proprie risorse – soprattutto negli ammalati e nei vecchi – inaridiscono sentimenti, denaro e vita. Una vita grama, creata dal povero, che non è stato educato a “utilizzare i resti”.
     La paura è alimentata da mille incognite: salute, clima, recessione … Molti punti oscuri occhieggiano: il vivere è affievolito, povero.

      L’IGNORANZA DEI CRISTIANI


     Dopo aver accennato, per esemplificare, alcune forme d ignoranza, vediamo ora la nostra ignoranza specifica.
    “Siamo poveri, eppure arricchiamo tutti” esclama S. Paolo, sottolineando i due livelli: poveri di mezzi umani, ricchi come cristiani e apostoli. Tra noi succede probabilmente il contrario: molti di noi sono ricchi di beni e poveri di grazia.
     Gesù è il primo ignorato: crescente povertà nei nostri tempi e nei nostri luoghi. Di Gesù si sta progressivamente ignorando tutto: persona, vita, chiesa visibile con le sue esigenze. Significativa ignoranza: Sacra Scrittura e missione salvatrice di Gesù. Per vivere eternamente Gesù è un accessorio. Cristiani che non ammettono che l’unico centro vitale è Gesù, equiparato spesso a Buddha, Maometto, Krishna.
     La marea crescente di ignoranza di non pochi cristiani cresce, mentre l’ignoranza di Gesù è mortale: il primo peccato mortale. Gesù non è meramente l’oggetto delle nostre conoscenze, è lui stesso la “sapienza”: assimilandosi al Cristo il cristiano diventa sapiente.
     Da molti Gesù è tenuto a distanza, la sua assimilazione tramite l’Eucaristia è trascurata da un lato e resa difficile da un altro. Da quando Gesù Eucaristia (e non da oggi) da medico e medicina per il peccatore, è stato considerato premio per il giusto, noi gli stiamo lontani per paura. Gesù non è premio esclusivo per le anime pure (o purificate dalla Confessione), ma medicina per noi peccatori, purificatore dei miseri. Non occasione per un sacrilegio.
      Senza di Lui ogni giorno aumenta la nostra povertà.

L’IGNORANZA DEI SANTI


    I santi, neppure quelli riconosciuti ufficialmente, si sottraggono all’ignoranza.
    Anche Gesù fu ignorante: “Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno ne sa niente, neppure gli angeli e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mc 13,32). Chi l’aveva conosciuto durante la sua giovinezza si chiedeva: “Da dove gli deriva tale sapienza?”.
    Santi ignoranti, secondo il nostro criterio di giudizio amplificato dall’illuminismo, ce ne sono a caterve: ogni santo gode della sua bella fetta di ignoranza. Anche i santi che vivono tra di noi o che incontriamo al mercato, non conoscono le ultime notizie e il galateo. Santi sul trono o in prigione, bianchi o creoli.
     I santi sono furbi: utilizzano la propria ignoranza, non si lasciano sopraffare da essa. Si ingegnano d’apprendere le cose essenziali per vivere e per aiutare gli altri, per offrirsi al dono della vita eterna: sono intelligenti.
     La loro ignoranza diventa preghiera per essere aiutati nel buio: “anche se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me”. La loro ignoranza nutre l’umiltà, arte grande e trascurata di conoscere e riconoscere se stessi e  Dio, attraverso la percezione dei propri limiti, che definiscono la persona.
     Ed ecco la serenità nelle disfatte, il ringraziamento nei successi. Il limite sfocia nella quotidiana attesa della pienezza, quando il Padre “sarà tutto in tutti”.

     LA SAPIENZA DEI POVERI


     I poveri sono ricchi? Ricchi tanto da salire in cattedra? Francesco: “Questa è l’eccellenza dell’altissima povertà, che vi costituisce eredi e re del regno dei cieli, facendovi poveri di cose e ricchi di virtù”. I nuovi poveri insegnano..
     “Dio ha scelto ciò che è senza valore, ciò che è misero per confondere gli intelligenti”: Paolo echeggia quel “Non hai svelato queste cose ai saggi, e la hai svelate ai piccoli” di Gesù.
     Il povero non si lascia distruggere dalla povertà, la cambia in forza vitale e insegna come trovare energia nella vita. Gesù infatti ha insegnato a capovolto i valori. Beati i poveri, guai ai ricchi. Beati gli ignoranti, disgraziati i saggi. La povertà vissuta per lo Spirito, insegna con la potenza dello Spirito.
     L’opzione per i poveri, implicata nel Concilio Vaticano Secondo, non è una concessione benigna della Chiesa ricca, ma zampilla dalla convinzione che “i poveri salveranno il mondo”. Attraverso l’ignorante pazzia della Croce si redime il mondo.
     Due facce della povertà: l’uomo che deve esser redento da ogni limite ingiusto di miseria, minaccia della vita; povertà simbolo della croce e di  Dio, dentro il recinto della quale, per rimanere fedele a Gesù, ogni cristiano sceglie di rimanere il cristiano e il francescano in particolare.
      Sovvenire i miseri per elevarli alla povertà, rimanere fedeli alla povertà per non precipitare nella miseria spirituale, e non aggravare con nuove ricchezze su nuove povertà. Esser pronti a illuminare gli ignoranti, senza pretendere di essere sapienti, perché c’è una nuova povertà che facilita l’entrata nel regno dei cieli.
     Giuseppe Celso Mattellini      13.06.08