*Gesù e il diverso


       Gesù e il diverso: ovviamente si tratta preliminarmente di conoscere i due termini, Gesù e diverso, per notare poi la loro connessione, la congiunzione “e”.

Parlare di Gesù, che si identifica con il parlare con Gesù, è per noi motivo di gioia, di riconoscenza, di
commozione. Il parlare di Gesù con altre persone è un trasmettere la commozione.
Gesù lo si può scoprire e amare sotto molti aspetti. Qui vediamo l’aspetto di Gesù nel suo rapporto con la cosiddetta diversità.

Chi è diverso, se non colui che non è “come”? Però: come chi?

Non è difficile ricordare che nessun uomo e nessuna donna sono “come” un  altro uomo e un’altra donna. Tutti noi siamo solo noi stessi, in una personalità squisitamente unica. Neppure i gemelli omozigoti sono esattamente uguali tra di loro. Li distingue non tanto il DNA, ma soprattutto la psiche, l’intelligenza, la spiritualità.

Neppure gli esseri clonati, anche nel mondo animale, sono come l’essere da cui sono stati tratti.

Allora, per aiutarci a formare una nostra idea di che cos’è il diverso, si ricorre alla statistica. Ci si concentra sulla scoperta di alcuni o di molti caratteri che “sembrano” comuni tra diversi individui, e in qualche modo rendono somiglianti le cose, i fenomeni o le persone, che si catalogano dentro una certa regolarità.

La statistica, comunque applicata scopre la opportunità operativa di usare la curva gaussiana. Quella nota campana, con le estremità prolungate quasi orizzontalmente. Chi sta dentro la curva grande è “normale”, chi giace in una delle due estremità, è anormale. Dove si colloca Cristo?

COLLOCAZIONE DI GESU' NELLA STATISTICA

Gesù è persona unica. Non è normodotata. È talmente unica, fuori del centro della campana, collocato a destra, anzi all’estremità della stessa curva (estrema destra non politicamente!).

Ai due lati estremi della curva sono collocati gli ipodotati (soltanto agli intenti della ricerca statistica) alla sinistra, e gli iperdotati a destra.

Perciò il titolo “Gesù e il diverso”, si può benissimo trasformare in “Gesù è il diverso”.

Si sa che la posizione dei superdotati è dolorosa, come quella dei sotto dotati. Le persecuzioni subite dai geni, come Galileo, le persecuzioni dei superdotati in un convento e l’ostilità contro Gesù da parte dei Nazaretani, sono evidenti, palpabili.

Per i superdotati incombe un pericolo: il chiudersi dentro la loro torre di avorio. Gesù non fece così.

La bellezza della superiore diversità di Gesù si rivela, quando lui, diverso superdotato, si allea con i diversi sotto dotati: li trova davvero suoi fratelli. Anche noi incontriamo gli altri, cominciando proprio a vedere in loro ciò che è anche nostro. Ogni diverso non è mai totalmente diverso da noi: ci interessiamo del cosiddetto diverso, perché dentro quella diversità ci siamo anche noi. Sfuggire la diversità coincide con lo sfuggire noi stessi, con il non voler vedere pure in noi ciò che appare più macroscopico nei cosiddetti diversi..

Ho incontrato delle maestre intelligenti, le quali invitano il più bravo della classe ad aiutare il più scarso della classe. I due estremi si congiungono. Non si tratta dell’astrazione umanistica della coincidentia oppositorum, ma dell’amore tra due misure fuori media, eppure radicalmente unite.

Gesù, proprio perché fuori quota, avvicina quelle persone diversamente dotate, anche perché lui ha l’esperienza dell’essere stato rifiutato dalle persone per bene, che compongono la media gaussiana, la quale non raramente si trasforma in mediocrità, appunto l’aurea mediocritas dei latini.

Gesù diverso di segno positivo, si sente attirato dal diverso di segno negativo, e accade l’amore.

GESU' E I DIVERSI SOCIALI E IL LOTO CONTATTO FISICO

Le diversità che Gesù incontra, sono di molteplici forme: personali, culturali, sociali, ambientali, emotive, spirituali.

Gli episodi del Vangelo, presi in una breve rassegna, ci aiutano a comprendere e quali sono le diversità e come
Gesù, il grande modello, si è atteggiato e comportato con le persone socialmente diverse da lui.

Molti sono gli emarginati sociali che il Vangelo ricorda: pastori, donne, bambini. Quei bambini, che ancora oggi diventano oggetto di libidine per gli adulti, laici, professionisti o preti che siano.

Ci interessiamo, in questa sezione, di un tipo di emarginati sociali: i lebbrosi.

I lebbrosi, cioè i malati di svariate malattie della pelle, erano diversi, addirittura esclusi da ogni contatto con le persone normali.

Un giorno Gesù passa dalle parti dove erano segregati una decina di lebbrosi. Nessuno approccio di vicinanza, ma un grido a distanza: “Gesù maestro, abbi compassione di noi!”.

A questo episodio accostiamo un altro, che riguarda un lebbroso. Qui invece troviamo in contatto due persone. Gesù e un diverso, fisicamente e socialmente. Questo lebbroso ha il coraggio di avvicinarsi a Gesù e di dirgli discretamente: “Se vuoi, puoi guarirmi”.

Ed ecco il fatto culmine: Gesù lo toccò, contro le leggi igieniche e civiche. Il contatto diretto, fisico, con il diverso.
Contatto che Gesù avverte corporalmente anche quando il diverso non si presenta agli occhi di Gesù, come avvenne con la donna, affetta da metrorragia e perciò emarginata, perché impura nei confronti delle leggi religiose di quel paese.

Gesù tocca il diverso. Si mette in comunione fisica con lui. Questo accade anche con il cieco dalla nascita e con il sordo muto.

Al cieco Gesù con le sue mani applica sugli occhi il fango prodotto dalla propria saliva (saliva è quel disinfettante naturale, che stimola gli animali a leccarsi la ferita). Al sordomuto Gesù infila il dito nell’orecchio, e con la saliva tocca la lingua. Anche con i due ciechi: li tocca.

A questo contatto fisico gli ammalati riprendono la salute. Gesù non era di quella categoria di medici, che guardano sempre il computer, quando un cliente gli parla.

GESU' E I DIVERSI PER ETNIA

Al tempo di Gesù (solo allora?) gli Ebrei erano molto fieri della loro razza. Tutti gli altri popoli e le altre etnie, erano radunati sotto un unico denominatore: “goim”, ossia semplicemente “gente”, non “popolo di Dio”.

La diversità etnica, per gli Ebrei, era marcatissima. Tanto marcata che, se un Ebreo entrava nell’abitazione di uno delle “genti”, ossia un “gentile”, perdeva la purezza legale e doveva purificarsi.

Anche Gesù era stato educato a questa separazione etnica, perché si sentiva incaricato soltanto a curare gli sbandati della sua razza: ossia le pecore sbandate di Israele, i figli del regno.

Questa convinzione Gesù la riteneva valida in linea di principio. Tuttavia, quando fu avvicinato da una donna di Siria di razza fenicia, capì che quella “diversa” da Israele, era un persona, anzi una persona capace di aver fede, intrecciò con essa una relazione, di vicinanza, di stima, di aiuto.

Di etnia diversa da quella di Gesù, erano i Samaritani, i Romani, gli abitanti della Decapoli, abitanti che Gesù ebbe l’opportunità di incontrare.

L’opposizione dei Samaritani a Gesù, era stata ben notata dalla donna di Samaria, che incontrò Gesù presso il pozzo vicino a Sicar: “Noi adoriamo sul Garizzim, non a Gerusalemme” ella disse. Anche allora, come oggi, l’opposizione di razza (arabi), si unisce a quella religiosa (musulmani).

L’opposizione dei Romani è indicata dal centurione: “Non puoi entrare a casa mia”. Quella dei decapolitani: “Ti preghiamo, esci dalla nostra terra”.

Gesù avvicina i “gentili” e getta un ponte robusto tra sé e loro: “La tua fede ti ha salvata – Non ho trovato una fede così forte neppure tra gli Ebrei”. Il ponte tra le etnie e Gesù è la fede in lui.

GESU' E I DIVERSI PER IGNORANZA

Molto diversi da Gesù sono gli ignoranti. Lui sapienza eterna, Verbo umanato, loro pecore sbrancate ed erranti.

Tutti siamo diversi da lui. Lui sapienza eterna, divina; invece le nostre povere enciclopedie ingolfate di informazioni, e prive di sapienza eterna.

Gli Ebrei, al tempo di Gesù (e la casta innumerevole di intellighenzia, e di maestri di pensiero, oggi!) avevano i loro scribi, che tenevano in mano “la chiave della sapienza, ma non la comunicavano, ostruendo così la via della salvezza”.

Uno sterminato numero di ignoranti: i pecorai, le donne, i contadini, i popolani, i pescatori, insomma il popolino, sebbene non tutto. “Questo maledetto che non conosce le Scritture”, secondo la definizione della casta di allora.
Per questi diversi Gesù si sente adatto, impegnato.

Vedendo le guarigioni prodotte da Gesù, perfino gli stessi apostoli tentano di trattenerlo là dove era ricercato per le sue guarigioni. E Gesù all’opposto: “Andiamo altrove, nei villaggi vicini, per predicare anche là”.

E quando sta per rifocillarsi, assieme con i suoi. Lascia la colazione, e si mette a insegnare alla povera gente, perché  la vede come un gregge senza pastore.

Quando si reca nel Tempio di Gerusalemme, insegna, nella sinagoghe insegna, lungo il lago insegna, ai commercianti insegna. Luca ci dice che passava per città e per villaggi, insegnando. Egli alleviava il popolo - come appunto scrive Luca - insegnando per tutta la Giudea.

Gesù continuava a parlare.

Per lui il diverso per ignoranza, rappresentava la sua maggiore o occupazione e preoccupazione.

Tant’è vero che persino qualche sinedrista e qualche scriba lo chiamavano “Maestro”.


GESU' E GLI INDEMONIATI

Un’altra categoria di emarginati, con la quale Gesù ebbe contatto, fu quella dei cosiddetti “indemoniati”.

Il satana era per la gente il denominatore comune per ogni disfunzione, fisica, morale e psichica, che, per la scienza di allora, non avesse una spiegazione. Il satana era quindi quella forza, alla quale si attribuivano molti mali, soprattutto psichici: dall’incredulità alle malattie inguaribili, dalla pazzia all’epilessia.

Il satana è il diverso integralmente, sta agli antipodi della salvezza prodotta da Gesù. La diversità con il satana diventa opposizione irriducibile: tra Cristo e Belial non v’è nessuna relazione, tranne quella dell’inimicizia. Tutte le altre diversità, si sostengono su una base comune, l’umanità, che sottende sia in Gesù che nei diversi, come si è detto in apertura.

Qui invece si realizza una diversità talmente profonda, che la presenza del satana spinge Gesù a organizzare tutta la sua energia di opposizione. Mentre Gesù accosta anche fisicamente i diversi, con il satana usa solamente a distanza il comando apotropaico.

Combattendo il satana, Gesù si pone dalla parte dei diversi per sorreggerli. Il satana produce la diversità: incatena gli ammalati, suscita le risse e il combattimento contro Gesù, è antagonista dello Spirito di Dio. Vincendo contro la presenza del satana, Gesù prende autentico contatto con il diverso.

Il satana è il diavolo, appunto colui che divide (διάβολος). Esso provoca l’emarginazione, producendo il male.

Per raggiungere ogni diverso e ogni emarginato, Gesù sbratta la via dal satana. Il satana  l’aveva pur detto: “Che c’è in comune tra me e te, Gesù di Nazareth?”. Nessuna comunione, neppure quella della natura comune.

Il satana è l’estremo orgoglio, che ghermisce e fa suoi sudditi i potenti, i quali si stimano non uguali agli altri. Il satana è nei superuomini, nei dittatori, negli affamatori, nei magnati, che opprimono. Gesù viene a salvare i suoi simili oppressi.


GESU' E I GRANDI DIVERSI DA LUI, I PECCATORI

Una categoria di diversi si contrappone a Gesù, eppure Gesù non si contrappone ad essa. I peccatori. Infatti noi possiamo rifiutare Dio, ma Dio non ci rifiuta mai.

Nell’ambiente di Gesù si trovavano peccatori emarginati socialmente e peccatori integrati. Quelli emarginati erano riconoscibili e socialmente definiti: pubblicani, prostitute, adultere. I puri di Israele rifiutavano di incontrarsi con simili persone. Aggiungiamo: perché non si rifiutavano di incontrarsi con gli adulteri e con i clienti della prostitute?

Le categorie di peccatori pubblici erano rifiutate dal mediocre perbenismo delle persone religiose. Altre categorie di peccatori riconosciuti pubblicamente erano soprattutto gli inosservanti della legge: i ladri, i trasgressori del sabato, gli erodiani alleati del nemico romano.

Gesù semplicemente familiarizza con i peccatori: mangia con essi, si lascia baciare i piedi dalle prostitute, festeggia l’eventuale loro ritorno. Per Gesù, il peccatore non mantiene perpetuamente il timbro del peccato.

Eppure Gesù indica la vastità della categoria: chi è senza peccato?

Allora scompare quasi la solita curva gaussiana, quando si parla di peccatori. All’estrema destra sembra schizzare in sottolineatura il segno della linea, quella di Gesù. Poi alla sua sinistra, un po’ elevata, la curva dei bambini, di Maria e di chi ama molto, quindi si estende un’infinita linea quasi orizzontale, la quale occupa tutto lo spazio prima coperto dal centro e dalla sinistra della campana gaussiana.

“Sono venuto per i peccatori, non per i giusti”. “Sono venuto a ricuperare ciò che era perduto”.

Il bisogno di Gesù di unirsi ai diversi, quelli attraversati dal peccato, lo rendeva fratello tra i fratelli. Egli, umiliato, in quanto svestito della divinità per diventare uomo, poteva ben comprendere e penetrare nell’anima dei peccatori, patirne la loro infelicità. Lui svestito di divinità, entrava nell’anima di tutti coloro che si svestirono e ancor oggi si svestono della divinità nativa, per infangarsi.

PER CONCHIUDERE

Gesù non soltanto si interessò e beneficò il diverso, ponendosi al contatto, sempre cordiale, con lui, ma anche si riconobbe diverso per salvare ogni diverso.

Essendo Dio, cancellò la sua immensità, per farsi uomo tra uomini. E tra questi scelse di accomunarsi ai peccatori, ai poveri, agli emarginati.

Il suo atteggiamento e la sua azione per integrare i diversi, uomini e peccatori,  nella propria vita e nel proprio ambiente (regno di Dio!) lo portò al contatto fisico con il diverso, a superare le barriere etniche, a insegnare una nuova via che tutti abbracciasse, ad affrontare il male nella radici diaboliche, a far comunela con i peccatori pubblici e personali, insomma con noi e con quelli come noi: tutti.

Egli, condotto sempre dal suo amore per gli uomini e per il Padre del quale compiva sempre la volontà, seppe che per soccorrere i diversi, doveva scoprire dentro di sé quella corrente di diversità, che è connaturale con l’essere uomini e donne, e si dichiarò sempre “figlio dell’uomo”.

Affinché egli comprendesse da dentro la disgrazia di quella qualità viscerale che ci rende diversi da Dio, nostro Padre autentico, qualità che è il peccato, accettò di “alzare” il peccato. E per fargli vincere il peccato, il Padre, come dice Paolo, “a nostro beneficio, fece peccato colui che non ebbe esperienza di peccato” (2Cor 5,21).

Agli emarginati e ai diversi, per essere totalmente unito a loro, richiese di gettare tra lui e loro quel misterioso ponte, che è la fede. La confidenza totale di Gesù con il Padre, attinge il legame con i diversi, che si legano con la loro fede in Gesù.

Per agire efficacemente con il diverso e diventare sua salvezza, egli divenne diverso ed emarginato, e pose come condizione per un vero reciproco aiuto, la confidenza in lui, la fede. Soltanto la condivisione, nella grazia di Dio che si attua attraverso la fede, aiuta realmente colui che stimiamo diverso, senza che noi ci impanchiamo nel rango di benefattori. Anche perciò Gesù condivise fino alla fine il destino degli emarginati, morendo ai margini della città, con la morte degli schiavi: la crocefissione.

Condividere il destino dei diversi è semplicemente condividere il destino dell’uomo, essendo uomini attenti e non ingolfati solo nel nostro io. L’unico metodo: essere sempre noi con tutti, perché noi siamo nella diversità. Perciò un noi in continuo movimento di umanizzazione, cioè di integrazione anche in noi della nostra stessa diversità..

GCM 28.03.11