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*Meditazione francescana
 

1 Meditazione e ambiente

Riflessione e meditazione, spesso si confondono, quasi fossero sinonimi. Però riflettere è un ripensare su oggetti conosciuti, mentre il meditare è un fermarsi a riconsiderare più attentamente verità, ancora passibili di progresso. Però in tutti e due si attua la creatività.

La meditazione si riferisce soprattutto nel settore della spiritualità e della religione. Perciò quando una persona si applica a una comprensione o a un vissuto più intensi nella spiritualità o nella religione entra in meditazione.

Però la meditazione non è un’azione assoluta, auto referente, slegata dal contesto spirituale e sociale, dentro il quale, necessariamente, è situato chi medita.

Anzi, quando una persona medita, trascina nel proprio meditare l’atmosfera nella quale lei vive. La meditazione non è un’astrazione, un ablativo assoluto, ma un concreto operare umano dentro un certo ambiente.

Quando una persona per meditare si vuol staccare dall’ambiente in cui conduce la propria esistenza, necessariamente o crea un proprio ambiente o adotta un ambiante creato da altri.

Anche la geografia crea un ambiente,e, con la geografia, creano ambiente le culture e le religioni.

Ecco allora prospettarsi almeno tre possibilità: meditare secondo il proprio ambiente, adottare un ambiente già attivo in altre regioni, creare un proprio ambiente interiore, che comunque sarà sempre influito o dall’ambiente nativo, o da un ambiente adottato o da elementi di entrambi gli ambienti.

Una meditazione esterna, che viene esercitata in un nuovo ambiente, per essere efficace nella vita delle persone, deve sempre, anche senza accorgersene, ambientarsi nella nuova situazione.


  2 Centri di meditazione

Il parlare di meditazione nell’ambiente occidentale e in ambiente orientale, è indicare una situazione molto vaga e indefinita, come sono vaghi e indefiniti i confini e i termini Occidente e Oriente.

Allora si esige di scoprire alcuni centri di meditazione, dentro il variegato e policentrico ambiente culturale e geografico. Oriente e Occidente superficialmente si caratterizzano per qualche denominatore comune; ma anche questo è discutibile.

Per esempio, l’Occidente non è solo Cartesio o Hegel o Kant, ma anche Pascal, esistenzialismo, ecc.

Tuttavia parecchie meditazioni, figlie di una spiritualità, gravitano attorno allo stesso centro, pur esercitandosi con molti metodi diversi.

Da qui la necessità di scoprire il centro mistico delle meditazioni, e le sue molte metodologie e metodi di meditazione.

Nell’ambiente occidentale, ma non esclusivamente in esso, la spiritualità si impernia sulla fede in Gesù, e le modalità di meditare danzando attorno a questo centro sono innumerevoli.

Questi metodi sono tra di loro facilmente interscambiabili. Di più, perfino metodi interni alla pratica mediterranea della meditazione cristiana, spesso sono diversamente assunti, pur non perdendo di vista il fulcro: Gesù.

Molte correnti di spiritualità, con le relative meditazioni, si muovono nella cristianità. L’esicasmo, la spiritualità monastica, il francescanesimo, il domenicanesimo, la meditazione carmelitana, ignaziana, e via via.

La meditazione cristiana è quindi molto varia, e ogni persona, anche senza avvedersene, segue una delle molte correnti.


 3 Caratteristiche della meditazione

Alcune caratteristiche denotano le meditazioni: l’impostazione esistenziale, la necessità delle tecniche.

L’impostazione esistenziale è il valore assoluto, che la meditazione persegue. Una caratteristica che descrive la meditazione cristiana e quelle islamica ed ebraica, è la meditazione nel contesto della preghiera. E la preghiera è un dialogo con Gesù e con Dio, o l’invocazione a Dio. Infatti una della maniere di indicare la meditazione è il descriverla come “orazione mentale”. Perciò, nei tre ceppi monoteistici (e in molte espressioni etnologiche) la meditazione è, prima di tutto, riflessione su Dio, sapendo che la salvezza umana non è prodotta da sforzi dell’uomo, ma dall’opera dello Spirito di Dio, alla quale l’uomo presta la sua libera condizione nel raccoglimento.

Differisce da questa posizione esistenziale, la convinzione che l’uomo deve raggiungere da se stesso la propria salvezza. Quest’ultima posizione è molto diffusa nelle religioni, o, meglio, nelle ascetiche e nelle filosofie orientali.

Da queste differenti impostazioni dipende il modo di meditare: tutto sta in me per salvarmi, oppure io devo cooperare alla salvezza operata da Dio.

La differenza non è così netta, perché anche il buddhista si riferisce all’aiuto del Buddha e l’induista, soprattutto dopo il contatto con il cristianesimo, sviluppa la Bhakti.

La seconda caratteristica è in ogni panorama di meditazione, la tecnica o il metodo di meditazione.

L’infinità dei metodi attraversa sia le meditazioni cosiddette orientali, sia quelle cosiddette occidentali. Leggendo i maestri di spirito e i guru, è facile accorgersi che ogni corrente di meditazione vanta un metodo, e ogni metodo si applica in mille metodi, secondo il maestro che l’insegna.


 4 Non metodo, ma vita

I metodi di meditazione sono numerosi. All’interno del cristianesimo non si contano. Ci sono quelli più tendenti alla riflessione intellettiva per poi sfociare nella pratica attiva. Altri indicano una progressione meditativa che conduce alla contemplazione unitiva, come nella spiritualità carmelitana.

Altri sono meditazioni contemplative, che utilizzano la “preghiera del cuore”.

Tra questi si colloca la preghiera francescana.

A differenza di altre spiritualità, Francesco non indica norme per la meditazione, perché la sua norma era la semplicità. La sua meditazione era estatica. Egli non pensava a come atteggiarsi, ma si protendeva semplicemente a Gesù. La sua meditazione era tranquillamente contemplativa.

Contemplava in tutto Dio e Gesù. Si lasciava andare a Gesù, ne assaporava la dolcezza del Bambino e la sofferenza del Crocifisso. Meditava? Anche. Come? Senza meditare. La sua meditazione era priva di tecniche preordinate; la tecnica (anche teologica) per lui era ricchezza, mentre lui viveva la povertà anche nella preghiera, e riceveva, come elemosina, qualunque modo o momento di preghiera.

Spogliazione e silenzio. Un silenzio, nel quale sentiva e gustava il penetrare di Dio.

Il suo metodo era quello di non agganciarsi a nessun metodo. Viaggiava sul vento della contemplazione. La riceveva e vi si soffermava, quando il contemplare Gesù lo attraeva, e restava con il suo Gesù, e si lasciava trafiggere da lui, fino a immedesimarsi visibilmente con Gesù (ricorda le stimmate).

Francesco, meditando, non rifletteva argomentando, ma era ciò che il suo cuore vedeva, e ciò che la lettura del Vangelo suscitava dentro di lui.


  5 Uomo fatto preghiera

Il lasciarsi andare a Gesù, aveva talmente permeato la vita di Francesco, che i suoi biografi lo designarono come “uomo fatto preghiera”.

Per lui non contava la divisione ascetica di preghiera orale o preghiera mentale: egli si lasciava cogliere dal pregare, e dal vedere ovunque la presenza di Dio.

La sua meditazione era semplicemente il suo essere, essere riempito di Dio, grazie alla fede a Gesù.

Non che trascurasse il raccoglimento. Anzi: talvolta lo si vedeva, anche in mezzo alla gente, astrarsi, nascondere il volto nella manica e lì rimanere in contemplazione. Certamente non si può affermare che fosse un nuovo Diogene e che il suo metodo di preghiera fosse la manica. Quello era un espediente, come molti altri, per prendere un contatto più intenso con colui, che impregnava la sua vita. Da dove gli veniva questo modo di meditare? Da occidente, da oriente?

Mi sovvengono le parole del salmo: né da oriente, né da occidente, non dal sud, né dal nord viene a noi la salvezza, ma solo dal nostro Dio, che ha fatto cielo e terra.

Francesco non ha indicato a Dio la strada, attraverso la quale Dio si presenti nella meditazione. Lui, uomo libero della libertà che viene dallo Spirito Santo, non poteva costringere Dio, neppure impegnandolo a venire dopo una disciplina ferrea di meditazione.

Dio lo conduceva dove Dio sapeva, e si concedeva a Francesco mentre il suo amore infinito tracimava da sé per incontrarsi con Francesco.

Nella contemplazione gioiosa del Dio presente, ecco sgorgare la poesia, il Cantico delle creature, l’espressione del proprio cuore catturato da Dio, la meditazione diventata inno libero e liberante.


  6 Il Francescano medita

La semplicità della meditazione francescana si allea alla semplicità delle fede e ne è un derivato. Nessuna tecnica specifica e nessun metodo costruito. Questa è l’esperienza semplice e genuina.

La fede ci dice e afferma, per esempio: Dio mi ama, io sono figlio di Dio, ogni uomo è persona cara a Dio, ecc.. La meditazione francescana non costruisce grandi ragionamenti su questi temi quasi primordiali e profondi, ma li sente, li tocca, e sente nascere la gioia per la bellezza di tali verità.

Su essi si sofferma lo sguardo del cuore, che quasi cade in meraviglia, intravvedendo in ogni realtà di fede l’amore di Dio, che penetra ogni persona, e la bellezza della persona trapassata dall’amore di Dio.

La meraviglia si trasforma in dolcezza, la dolcezza in sorriso. E dalla meditazione si esce sempre con il volto sorridente.

Poco importa sapere quanto tempo dura questo processo. Un minuto un’ora sono indifferenti. Una volta al giorno o cinquanta volte, o una percezione sorridente continua, non interessano. Interessa soltanto di esserci ritrovati, o di aver rilevato questo sereno e luminoso rapporto con il Padre, con Gesù, con lo Spirito Santo, con Maria o con qualunque realtà mediata dalle fede.

Non è questa necessariamente un’esperienza pensata, intuita, oppure oscura, avvenga come vuole avvenire, ma suscita sempre riconoscenza e amore a Dio, perché si realizza nel rapporto dialogico con il Padre, nello Spirito.

Non è un metodo, ma un abbandonarci all’esperienza di una fede vissuta.


 7 All’inizio l’amore

Durante un colloquio sulla preghiera di S. Francesco, preghiera semplice legata a una spiritualità ottimistica, una persona mi ha chiesto come si possono unire la preghiera contemplativa e dialogica, con le forme dure e severe di un’ascetica direttiva e frustrante, che sembra far parte essenziale delle indicazioni morali, imposte dall’ascetica tradizionale cristiana.

Evidentemente la risposta non è facile, perché il modo di presentare la possibilità di evitare la chiara contraddizione e la conflittualità a  questa posizione sia realizzabile.

Mi torna utile indicare alcune iniziative in proposito, concretate nella storia della spiritualità cristiana.

Un primo modo, che mi ritorna alla memoria, è l’indicazione di tipo stoico, che descrive la necessità della soppressione dei vizi e degli  istinti. Lotta a ferri corti.

Un’altra posizione è quella di partire dal superamento dei “vizi” e degli “istinti” all’interno di una lenta salita, che va dal combattimento spirituale contro le passioni, per giungere asceticamente alla meditazione e alla contemplazione, che unisce a Dio. Un programma piramidale gerarchico.

A me piace iniziare da un’altra posizione, quella che S. Agostino indica con il suo noto “Ama et fac quod vis”: ama e poi fai ciò che vuoi. Se con tutta l’anima. io amo davvero una persona, o prima o poi mi armonizzo con le sue esigenze e con i suoi ideali, e , se debbo con un certo sforzo superare mie difficoltà, queste con il tempo si appianano.

È la strada dell’amore. Alla base si trova la ricerca dell’amore di Dio e per Dio, e questo lentamente, ma sicuramente conduce a unità, ciò che prima era conflittuato.


  8 Meditare con libertà

Meditare. Perché?

Lo scopo della meditazione è quello di concentrarsi sull’essenziale. Per il cristiano l’essenziale è Gesù, uscio aperto verso il Padre.

Si può meditare ripensando alle verità presenti nel seno della fede. Verità, che, pensate, crescono in noi, e diventano ricchezza di nuove idee, di nuovi concetti, i quali rendono più chiara, accessibile e comprensibile la stessa verità. S. Anselmo diceva: “Credo per capire. Capisco per credere”.

La meditazione, quindi, può trasformarsi in un rimuginare la fede, e abbellirla di nuovi concetti.

Un diverso modo di far meditazione è quello di accettare la presenza di Gesù (Gesù non è mai assente da noi che crediamo in lui) e abbandonarci a vedere e a gustare ciò che gli riguarda.

In questa meditazione si avverano almeno alcune realtà, che possiamo rintracciare:

1°- Non interessa se questa meditazione perdura per un minuto o per ventiquattro ore: viene e va liberamente, perché essa è dono dello Spirito.

2°- È fatta di tranquillo abbandono, e non è programmata nel modo; il modo viene da sé, dentro l’atmosfera destinata al silenzio meditativo.

3°- Non è frutto di esercizi ascetici speciali, ma è inerente semplicemente alla fede in Gesù.

4°- È efficace, perché lascia il cuore in pace.

5°- Può iniziare con la lettura del Vangelo, o con il mettersi in silenzio davanti al tabernacolo. O, spesso, con il leggere il vangelo davanti al tabernacolo.

6°- Non si distingue più tra meditazione e contemplazione. Avviene in un abbandonarsi a Gesù: scopo della meditazione cristiana è stare con Gesù.